Nella configurazione dello spazio si riconosce lo specifico di una società. Leggere lo spazio significa quindi riconoscere l’habitus proprio di ogni comunità, la competenza di edificare un ambiente differenziato, contestualizzato e articolato alla scala umana, unica in ogni ambito.
I luoghi del vivere quotidiano, disposti e attrezzati affinché le nostre azioni abbiano luogo, sono il campo d’indagine della sezione “Interior design e visual art”. A partire dal binomio interno urbano/interno architettonico, la riflessione si concentra sul ruolo della piccola scala nella grande scala. Ossia dello spazio di prossimità o di convivialità, quel tessuto minore, alla scala umana o 1:1, che, come dice Fraçoise Choay, rappresenta l’infrastruttura alla costruzione sociale della città stessa. La domanda è: qual è il suo ruolo nella città diffusa e disarticolata di oggi, che tende a liberarci dai radicamenti, dalle permanenze e dalle durate che erano fondanti nella città storica?
L’esplorazione è il primo passo della ricerca, come riconoscimento di un carattere e codificazione di una semiologia architettonica. La competenza di un rilievo di volta in volta sociologico, fotografico o dispositivo deve portare a comprendere cosa definisce l’abitabilità di un luogo e come le persone si sono appropriate degli spazi in cui vivono e hanno costruito la scena del loro quotidiano. Con un’attenzione particolare allo sguardo del mondo dell’arte, che attraverso la pittura, la fotografia, il cinema e altri linguaggi ha contribuito alla figurazione e alla costruzione di un immaginario legato all’urbanità.
Dopodiché, alcuni dei temi di analisi individuati sono:
– la scomparsa del tradizionale dualismo interno/esterno e il carattere di estroversione dell’interno degli interni urbani e di introversione dell’esterno degli interni architettonici. L’interno urbano, attrezzato e reso appetibile attraverso un network di elementi puntuali che contribuiscono alla rappresentazione dello stile di vita urbano, è il set dove di declina lo “stile” della contemporaneità, che rende attrattivo e competitivo lo specifico di una città.
L’interno architettonico, paesaggio artificiale che esprime al meglio il vivere contemporaneo, è in particolare quello dei grandi contenitori di flussi e funzioni, dove i pattern urbani si miniaturizzaziono e si ibridano, alterando le tipologie tradizionali e disponendosi a un aggiornamento continuo.
– la catalogazione delle microurbanità, situazioni che componendosi concorrono a formare la cultura spaziale della città, definendone i luoghi di incontro e la morfologia sociale;
– l’adattabilità, intesa come congruenza fra uso quotidiano e scenario spaziale, che si evolve con l’evolversi degli stili di vita e di rappresentazione, ossia la riconversione degli spazi esistenti. Riconversione che si deve confrontare con le nuove popolazioni urbane e con la ricerca di nuovi significati che “educhino” l’habitus locale al contatto con gli ospiti, in un’ottica di crescita intensiva delle città.
– la rilettura delle teorie urbane dell’Ottocento e del Novecento, in un percorso che si articola dai parchi parigini di Alphand e dalle piazze di Sitte, passando per gli indicatori di qualità urbana di Lynch, i patterns di Alexander ed esperienze artistiche come quelle situazioniste.
– I contributi alla costruzione di una grammatica e una sintassi progettuale.