Con questo numero ArcDueCittà inaugura la sezione Papers from call che accoglie articoli, studi e progetti inviati alla redazione in risposta ai temi proposti nel Call for papers. Ognuno di essi vi trova forma con parole chiave, frase chiave ed immagine. L’idea è che queste pagine, attraverso l’uso di una modalità sintetica, si configurino sia come vetrina della situazione attuale sui temi posti all’attenzione dei giovani lettori-inerlocutori sia come forum della rivista, punto d’incontro e dialogo.

Poiché l’obiettivo è quello di aprire un dibattito sui temi emersi e dare un orientamento sui temi del numero successivo, a fianco di tali estratti è stata introdotta una breve nota redazionale, una sorta di reazione, espressa con domande o commenti, alle questioni sollevate dagli interventi presentati.

Alcuni contributi hanno un read more che invia al loro format esteso all’interno delle quattro sezioni della rivista (Urban, Architectural, Interior, Virtual). A sua volta l’articolo della sezione potrà avere un ulteriore read more che rimanda ad un formato saggio in Magazine.

Gli argomenti proposti nel Call per questo numero – “lo spazio pubblico nella città d’oggi”, “la storia come valore di contemporaneità da fare valere nel futuro e valore di archeologia da attivare nel presente”, “le due figure dell’ospite a cui si pensa nel progetto di architettura”   sono in parte emersi nella tavola rotonda di presentazione del Numero Prova della rivista al Politecnico di Milano e dai primi articoli che vi furono pubblicati. A partire dalle quattro parole chiave individuate allora   ospite, habitus, landmark, set – la richiesta di contributi si è focalizzata dunque sul tema dello spazio pubblico e della storia, come luogo, innanzi tutto, e come tempo da riattualizzare da un lato e da significare per il futuro dall’altro offrendosi agli usi del presente. Una riflessione in termini di spazio-tempo per chi? e cosa? come si interroga legittimamente il nuovo editoriale richiamando in causa la questione dell’ospitalità.

Il panorama che è emerso è interessante ed articolato. In questa breve introduzione si cerca di restituire una visione complessiva rimandando l’approfondimento alle singole discussioni sollevate dai diversi autori.

Spazio pubblico, ospitalità e storia pongono la dimensione corporea nel sua interezza, fisica ed intellettuale, come centrale e più contributi a questa inevitabile e sempre attuale questione affiancano da un lato l’aspetto problematico della digitalizzazione, del cyberspazio, delle Agorà Telematiche (A.Rinaldi) e, dall’altro, il tema della prevaricazione degli interessi economici sopra ogni principio di pianificazione e idea di città pubblica (M.Palombi). Cultura della globalizzazione, a-corporea o iniqua e priva di equilibrio, nei confronti della quale sono proposti esempi di architettura dalle aspirazioni civili e programmatiche in Latinoamerica (C.Bischeri).

Ma la situazione contemporanea di crisi o trasformazione del concetto classico di spazio pubblico, quest’ultimo definitosi compiutamente in termini di realizzazioni e teorizzazioni nella città a partire dal XVIII secolo, e più volte richiamata negli articoli ricevuti è già iniziata, da un punto di vista fisico, con la rottura ipotizzata dal Movimento Moderno verso la città tradizionale ed efficacemente rappresentata dagli spazi rarefatti e a-storici delle prospettive per la “Ville contemporaine de 3 milions d’habitants”(1922) di Le Corbusier (V. Farina).

Il rapporto tra spazi pubblici, così come l’uomo li ha conformati per solennizzare momenti significativi della vita, e le profonde evoluzioni sociali che hanno segnato la società moderna sino a noi, accompagna le radicali mutazioni vissute dagli spazi collettivi. Per dirla con Henri Lefebvre sono ambiti in cui si esplicita “l’interconnessione tra spazio mentale e fisico” (E.Ravazzoli). A tal proposito ricordo la mostra alla Triennale di Milano del 1998 dedicata alle architetture dello spazio pubblico dove vennero presentate opere realizzate nel contesto italiano ed europeo e venne fatto lo sforzo di segnalare gli indici di mutamento delle forme antiche di tali spazi rispetto alle loro nuove espressioni urbane. Piazze, strade, parchi, gallerie, allora come oggi luoghi apprezzati e riconosciuti dalle popolazioni urbane, sono le quattro categorie o figure ricorrenti utilizzate per delineare alcuni caratteri di novità delle architetture dello spazio pubblico nelle città di oggi. Gli scostamenti allora individuati ritornano oggi come interpretazioni e studi per il progetto architettonico e urbano.

Il confronto e la sperimentazione che ci è stata inviata guarda, da un lato, a spazi aperti residuali, spazi di risulta in attesa di riqualificazione, maglie illogiche della trasformazione urbana (F.Bricolo, P.Ceriali-P.Gaudenzi, N.Fortunato-G.Chianese, S.Petrini-L.Feliciani-E.Le Duc) a piccola scala, risultati di concorsi proposti ai giovani dalle amministrazioni che richiedono lo studio di nuove soluzioni spesso temporanee e low cost per spazi di accoglienza, ospitalità, info-point eco-compatibili, basati nei casi più interessanti su sistemi modulari. Programmi astratti, li chiamerebbe Koolhaas, a supporto di microstrutture pensate per l’arredo di piccoli ambiti pubblici basati sull’interpretazione del rapporto interno/esterno. Estremizzando si potrebbe pensare ad una codificazione pubblica della Environmental Bubble di Banham non più legata ad un luogo o città concreta con la sua storia (F.Silli), ma calata in spazi deboli o marginali o, per interventi a scala vasta, nei punti che offrono il maggior numero di connessioni. In tali ambiti la progettazione si fa più complessa e diviene progetto di suolo e ricerca di relazioni con il contesto e tra pieni e vuoti per la costruzione di spazi pubblici (R.Cagnoni, I. Daidone). In modo interessante, a partire da una riflessione sull’11 settembre, emerge l’interrogativo sul ruolo dello spazio vuoto che giunge alle soglie del pubblico trattato con casi di studio tratti da L.Kahn, A.Libera, T. Ando, G. Terragni, T. Ito e O. Decq. (I.Macaione- A.Sichenze).

Si ripropone dunque a pieno titolo il tema della storia, come memoria ma anche come principio evolutivo (E.Reggiani) in un dialogo aperto tra durata e mutamento.

Anche concetti come rigenerazione urbana (F.Zinna), ruolo delle permanenze archeologiche nella città contemporanea (E.Gallotta, F.Scaroni, A.Vitali) e recupero delle tracce nella territorio (A.M.Ferraro, S.Tessari-T.Capecchi-V.Bigaran-M.Tajario), processi di sviluppo con l’obiettivo della rigenerazione urbana di centri storici (G.Licari) affiancano il desiderio della riappropriazione e di una diversa lettura degli spazi pubblici esistenti con l’obiettivo di superarne la riduttiva fruizione turistica o commerciale, o l’abbandono. Tale sentimento è documentato attraverso microazioni ed eventi in mutamento che si posizionano però in un fondo stabile, testimone della durata e, suggerirebbe Eugenio Turri, della cultura stessa che ha esaltato (A.Dolci per il collettivo(feed)-TRASFORMA ROMA, S.Reyes per Centotrecento, S. Pierri).

Rappresentazioni temporanee che trasformano lo stato dei luoghi per riproporre quei valori legati alla corporalità degli scambi e incontri di pensiero tra cultura ospite e cultura ospitata.

In questa direzione c’è però una situazione che emerge con particolare forza di novità: si tratta del momento in cui gli eventi diventano un fenomeno di incontro di masse convergenti in uno spazio a seguito di un incontro avvenuto nello spazio mediatico. E’ il caso egiziano di Piazza Tahrir documentato nell’articolo Ripensare lo spazio pubblico al Cairo (E.Ravazzoli). Dall’incontro virtuale alla potenza fattiva dell’incontro reale, per una rivoluzione contro il regime, verso l’idea di una nuova patria democratica ed aperta. In questo lo spazio pubblico assume nuovi connotati da indagare e porre al centro di una riflessione veramente attuale sul tema.

Clicca qui per visualizzare l’anteprima degli articoli della sezione “Papers from call” 


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