Pomeriggio piovoso, freddo dell’autunno milanese. Le cose non andavano tanto bene. Né in Italia, né ad Auschwitz, né altrove. Guardai l’orologio. Dopo due conti sull’ora di Nuova York, composi il numero di telefono dello studio di Peter Eisenman. Al telefono c’era lui. Balbettando gli spiegai che avevo bisogno di incontrarlo, che da Milano sarei andato a Nuova York solo per vederlo, per parlargli di qualcosa di molto importante. Mi accertai di trovarlo in città e, in fretta e furia, mi organizzai per partire.
Mattino piovoso, freddo dell’autunno newyorchese. Piombai nel suo studio della venticinquesima strada. Non sapeva chi io fossi, sembrava non ricordarsi della mia telefonata. Stava uscendo, era di corsa, lo beccavo per caso. Aveva moltissimi appuntamenti quel giorno. La vedevo brutta! Mi invitò comunque frettolosamente a sedermi e mi dedicò, con la gentilezza che gli è propria, alcuni minuti perché gli spiegassi cosa volevo da lui. Gli promisi di essere breve. Dal suo tavolo di lavoro ci alzammo, sì, ma molte ore dopo.
Gli spiegai che ero un giovane architetto e ricercatore, dottorando di Brera(1), che avevo sviluppato un progetto, denominato Glossa(2) 21, per integrare architettonicamente e salvare dalla distruzione una piccola opera architettonica, poco nota, ma di grande importanza: il Memoriale Italiano di Auschwitz(3).
Gli descrivo l’opera situata all’interno del 21esimo blocco di Auschwitz, ideata nel secondo dopoguerra dall’ex deportato Primo Levi, dagli architetti BBPR (due di loro deportati a Mauthausen, uno ucciso), dal pittore Pupino Samonà e dal musicista Luigi Nono(4). Una lunga spirale, che invade le tre stanze carcerarie del Blocco 21, senza mai toccarne i muri, sporchi di un invisibile sangue, avvolge il visitatore in una sensibile narrazione: ascesa del Nazifascismo, dramma della Soluzione Finale, delle lotte di chi non è rimasto a guardare. Gli spiego che dal 2000 il Memoriale è attaccato da più fronti, in Italia e Polonia. La sua faccia s’incupisce quando gli racconto che il primo luglio 2011, giorno in cui, a Cracovia, presentai la prima bozza del progetto Glossa 21, il Memoriale venne chiuso al pubblico, senza spiegazioni, dal direttore del Museo, Piotr M. A. Cywiński, nel silenzioso benestare delle autorità italiane e dell’Unesco. S’incupisce maggiormente quando gli dico che quel monumento rischia un’imminente distruzione, a meno che non vi sia un forte movimento per far pressione sulle autorità italiane. Infine, racconto come in questa battaglia ci sia, già dal 2008, il Professor Sandro Scarrocchia, in prima linea con il dottorato di cui faccio parte.
Ormai del tutto sconcertato Eiseman esclamò: “why?!”. Un po’ impaurito dalla sua possibile reazione negativa, gli sintetizzai il motivo in tre parole magiche: “hammer and sicke”, falce e martello. Bandiere e riferimenti pittorici al comunismo dipinti da Samonà; filo narrativo imposto da Primo Levi per spiegare al visitatore l’importanza nel processo di Liberazione dal nazifascismo delle lotte partigiane comuniste durante la Guerra civile. Ecco qual’è la principale causa dell’odio di cui è vittima questo piccolo edificio da parte di molti, come il sindaco Alemanno, ex MSI, e alcuni membri dell’ultra destra polacca.
“And the Jewish comunity?”. Temevo questa domanda. Mi veniva difficile spiegare che una parte della comunità ebraica fosse favorevole alla sua distruzione, non tanto per la falce e il martello, ma perché ritiene insufficienti i suoi contenuti sulla Shoah. Eisenman mi tranquillizzò allora raccontandomi come anche il suo monumento berlinese(5) fosse stato oggetto di durissimi attacchi durante la sua realizzazione, di parte della comunità ebraica tedesca.
Mi chiese di spiegargli alcune composizioni più astratte del mio progetto Glossa 21. “What are those stripes?” Gli raccontai di strisce che tendono all’infinito, dietro le spirali del Memoriale. Sono strisce piatte, quasi dei nastri di un’infinita torah metallica che si moltiplica, nell’avanzare del percorso espositivo del Memoriale, per diventare – nell’ultima sala – una sinfonia in memoria della catastrofe concentrazionale. Il materiale sarà il ferro, ottenuto dalla fusione ad alta temperatura di tanti binari donati da varie comunità, ebraiche e non solo, di tutto il mondo. Strisce che integreranno il Memoriale con nuovi contenuti contemporanei, con testi in italiano, ebraico, polacco ed inglese. Poesie, dati, nomi, silenzi, musiche, voci e suoni usciranno da diffusori sonori nascosti dietro le strisce in ferro. Contenuti condivisi ed elaborati da una vasta comunità scientifica, principalmente sulla Shoah, ma anche su tutte le vittime della deportazione non ancora rappresentate nel memoriale italiano(6). Queste strisce spiegheranno inoltre il Memoriale stesso, contestualizzandolo, rendendolo leggibile alle nuove generazioni. Strisce di ferro che permetteranno, inoltre, di risolvere problemi strutturali e funzionali dell’attuale spirale.
Grazie a questo progetto, si potrà inoltre liberare una nuova sala(7) del Blocco, la “Sala XXI”, nuovo tassello nella narrazione della Memoria dell’Olocausto ad opera dei giovani di oggi, a tutela della memoria dei propri avi di ieri. In questa sala la striscia formerà un’incudine che punterà verso lo spettatore che entra in questa sala. Sui muri e sulla striscia vi saranno segnati in ordine alfabetico e in rilievo, i nomi delle migliaia di vittime italiane dell’olocausto, senza distinzioni di alcun tipo.
Dopo ore di intensa conversazione e qualche minuto di silenzio, Peter esclamò: “Sono pazzi, non possono fare una cosa del genere! Cosa possiamo fare?”. Iniziò allora una delle più belle conversazioni che io abbia mai avuto sui temi della rappresentazione della tragedia calcolata, sull’astrazione, sul legame fra linguaggio architettonico e politica. Ci scambiammo opinioni sul progetto, sull’impossibilità di rappresentare Auschwitz se non con l’architettura, superando certi registri figurativi. L’urlo di dolore nel silenzio. “Sofferte onde serene”(8).
Fu dopo averlo salutato e ringraziato, e solo allora, che gli diedi una busta con l’invito ufficiale dell’Accademia di Brera per il conferimento dell’Honoris Causa, invito che egli accettò senza esitazione. Eisenman si recò a Milano, con notevole sforzo fisico, in un ammirevole tour de force di pochi giorni, per sostenere pubblicamente il progetto architettonico Glossa 21 e dare visibilità alla causa del Memoriale. Dopo la cerimonia, Peter riuscì a traghettare la folla di suoi fans, venuta in sala napoleonica ad acclamarlo, verso la vicina chiesa sconsacrata di San Carpoforo(9), luogo in cui si sarebbe inaugurata subito dopo la mostra sul Progetto Glossa 21(10), presentato al pubblico in presenza di Eisenman, aprendo una settimana che ha coagulato incontri, dibattiti e contributi sul tema a cui hanno partecipato artisti, registi, ex partigiani, parte della famiglia(11) di uno degli architetti del Memoriale, Ludovico Belgiojoso.
Intorno a Glossa 21, e grazie alla visibilità data da Peter Eisenman, è iniziato un percorso condiviso e collettivo, che vuole superare diatribe politiche e che, oltre a salvare il Memoriale, permetta di arricchirlo di nuovi contributi. Percorso che si è avvalso, man mano, di nuovi appoggi, come la CGIL, l’Arcigay, il CNJ e un sempre maggior numero di cittadini che ora arrderiscono e appoggiano ufficialmente il Progetto Glossa 21. Una cittadinanza attiva che vede in questa battaglia qualcosa che va oltre la semplice salvaguardia di un Memoriale e cioè la difesa dei valori contenuti in un’opera laicamente sacra in un terreno intoccabile come quello di Auschwitz-Birkenau. Una battaglia che va fatta con la stessa forza con cui hanno lottato, per la libertà di cui ancora godiamo, gli donne e le uomini che hanno costruito la nostra Repubblica “fondata sul lavoro”, nata dalla Resistenza e dalle macerie del putrido Nazifascismo. Da un architetto americano di Nuova York a noi giovani trentenni di questa Italia sempre più irriconoscibile, da Primo Levi al più ignoto dei deportati.
Note
(1) Consorzio dei dottorati Progettazione Architettonica delle università degli studi di Palermo, Reggio Calabria, Napoli, Parma, politecnico di Milano e accademia di belle arti di Brera.
(2) Glossa [glòs-sa] ant. glosa s.f. In filologia, presso Greci e i Latini, parola, frase oscura da studiare, spiegare, commentare. Estens. Spiegazione. (Grande dizionario Hoepli)
(3) Memoriale in onore ai deportati italiani caduti nei campi di annientamento nazifascisti.
(4) Luigi Nono concesse i diritti all’uso della sua musica Ricorda cosa ti hanno fatto ad Auschwitz. Il registratore sonoro da cui fuoriusciva la musica è rotto da vari anni e non è mai stato sistemato. Al progetto collaborò anche il regista Nelo Risi.
(5) Denkmal für die ermordeten Juden Europas (Memoriale per gli Ebrei Assassinati d’Europa di Berlino). Nel suo discorso inaugurale svolto il 10 maggio 2005, il presidente del Consiglio Centrale degli Ebrei in Germania Paul Spiegel “ha dato voce alle critiche che sin dall’inizio hanno accompagnato il progetto. Al di là delle intenzioni artistiche, ha detto, il monumento non affronta il tema della colpa e dei colpevoli, “risparmia all’osservatore il confronto con la domanda sulla colpa e la responsabilità”. Sarebbe stato bene invece “tematizzare le ragioni dei colpevoli e rendere possibile un confronto diretto con il crimine e i criminali”, così c’è il rischio di una “banalizzazione della memoria”, ha detto Spiegel definendo pertanto un complemento indispensabile il “Luogo dell’informazione”, il centro sotterraneo dove si documentano le biografie delle vittime. Pur ringraziando i promotori dell’iniziativa, Spiegelg ha messo in chiaro che si tratta del monumento della Germania all’Olocausto e non, come spesso erroneamente si dice, del luogo centrale alla memoria degli ebrei in Germania. A suo avviso, il Memoriale non è un luogo autentico del ricordo: oltre a Yad Vaschem, i veri luoghi del dolore e della memoria per gli ebrei sono gli ex campi di concentramento.” in “Shoah, inaugurato il Memoriale a Berlino lodi e qualche critica”, La Repubblica, 10 maggio 2005
(6) Omosessuali, lesbiche (omocausto), portatori di handicap fisici e mentali, rom e sinti (vittime del Porrajmos), pentecostali, testimoni di Geova, popolazioni slave dell’Italia settentrionale, oltre alle vittime del fascismo italiano e dei campi mussoliniani nei territori occupati dal Regno d’Italia: albanesi, balcanici, libici, eritrei, etiopici e somali, per citarne solo alcuni.
(7) Sala ora adibita a ripostiglio per il materiale delle pulizie (per altro mai utilizzato, se si osserva lo stato di degrado e sporcizia del Memoriale) e dal diffusore sonoro, ormai irrecuperabile.
(8) Titolo di una delle più belle canzoni di Luigi Nono.
(9) CRAB. Centro di ricerca dell’Accademia di Belle Arti di Brera. Dipartimento di Arti visive. Ex Chiesa di San Carpoforo, Milano. Coordinatore attività espositive Francesco Correggia.
(10) Nella mostra è stato presentato anche il progetto di restauro e conservazione materico del Memoriale di Emanuela Nolfo. Realizzata con il contributo del Dottorato di Ricerca in Progettazione dell’Architettura (Università degli Studi di Palermo – sede -, Napoli Federico II, Reggio Calabria, Parma ed Accademia di Belle Arti di Brera). La mostra (org. Gregorio Carboni Maestri e Silvana Costa) è stata resa possibile grazie alla collaborazione di Alba Deangelis, Anna de Putti, Antonia Iurlaro, Barbara Rivoltella, Carlo Gandolfi, C.N.J. onlus (Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia), Daniel Ciesielski, Davide Veneri, Eleonora Castagna, Enrico Fraschini, Fabio Serpato, Fabrizia Piano, Federica Ravera, Federico Perrone, Florence Carboni, Francesco Camanzi, Francesco Lionetti, Gabriele Strazio, Gaja Busca, Giacinto Botti (CGIL Lombardia), Gianluca Melcagni, Giuseppe Arcidiacono, Gregorio Taccola, Ilaria Lanfranconi, Isacco Levi (comandante partigiano nel distaccamento Squadra volante della 181ª Brigata Garibaldi), Jacopo Ferrario, Kanine Krunchers (Alessandro Curti, Eleonora Serrafini, Jacopo Buccarelli, Rocco Malfanti), Luca Leone Zampa, Mario José Maestri Filho, Matteo Cavalleri, Mattia Sanlorenzo, Maurizio Ignesti, Michela Greco, Michele Miele, Monica Randazzo, Paolo Patanè (Arcigay), Peter Eisenmann, Sandro Scarrocchia, Sara Andriani, Stefano Bonacina, Vanya Mavrodieva, Vlad Scolari. E il contributo di Akademia Sztuk Pięknych w Warszawie, CNAPPC,
Comune di Milano, Consolato polacco di Milano, Miur, riviste Sapere e Ἀνάγκη.
(11) Grande supporto è stato dato dalla Signora Maria Luisa Barbiano di Belgiojoso, presente ad Auschwitz il giorno dell’inaugurazione del Memoriale.