Spazio di flussi, città rizomatica, regione metropolitana; la dimensione e la scala delle relazioni spaziali e sociali attuali impone uno sguardo all’ambiente costruito che sappia sentire la complessità di questa struttura geografica articolata e collochi nella giusta posizione grande e piccolo, denso e rado, lento e veloce.

L’ampio sguardo che la metropoli richiede spesso tende a considerare il territorio come substrato, tabula rasa, su cui vengono innestati aste e nodi che, assemblati, compongono quella rete di flussi che descrive la struttura gerarchica del territorio stesso; in questo sistema il problema della relazione con il suolo e con la piccola scala deve essere considerato in maniera sinergica e complementare alla grande dimensione. I differenti modi di percepire l’ambiente (costruito) e di “stare” nello spazio ripropongono il tema della riconoscibilità/identità che si confronta con le differenti scale del progetto; se è possibile affrontare questo tema partendo dal concetto di Landmark esso ci pone alcune questioni nei confronti del progetto che richiedono nuovi strumenti operativi di gestione di forme complesse che permettano di definire un sistema quantomeno codificabile di caratteri tale da renderlo riconoscibile e “operabile”.

Una volta definita la dimensione e la scala, la distanza da cui guardare il progetto, e definito problematicamente il tema della riconoscibilità, non soltanto di “forme” complesse, ma dello stesso spazio costruito che deve avere il ruolo di orientare l’agire umano nelle sue innumerevoli forme, esso deve specificarsi e diventare carattere, o insieme di caratteri che definiscano identità[1] capace di mettersi in relazione e definire un sistema di pattern sovrapposti.

La metafora del rizoma per descrivere i fenomeni urbani contemporanei rende complessa l’idea di rete (staccata, aerea) come un qualcosa profondamente legato al suolo, radicato appunto, che permette la crescita puntuale di elementi simili ma diversi (identificabili) e profondamente connessi tra loro.

D’altro canto, le metafore/riferimenti organici all’architettura hanno sempre avuto grande fortuna permettendo di specificare numerosi concetti chiave che appaiono anche oggi particolarmente attuali riaffermando il problema fondante dell’identità/carattere all’interno di una dimensione globale che spesso fatica a trovare i suoi riferimenti multi scalari. All’interno di questa discussione che parte dall’immagine si inserisce un approfondimento che vede nella dialettica tra “tutto” e “parti” un qualcosa che si lega profondamente al dibattito contemporaneo sui procedimenti progettuali. Architettura come “gemmazione”, moltiplicazione di cellule, unità simili, ma caratterizzabili o architettura come organismo complesso, fatto di membra, ossa, sangue, ma anche di volto e carattere? Ovviamente la discussione non può che avere in questa sede che la volontà di aprire un dibattito, una discussione che è sicuramente vastissima e che affonda le sue radici in tempi remoti. Appare però contemporanea quando è evidente l’esigenza di capire e mettere in relazione le differenti scale di progetto, anche usando strumenti e “strategie nuove” nel tentativo di dare differenze, gradiente, carattere all’ambiente costruito, che non può essere pensato per parti autonome collegate meccanicamente.

 

 

Note:

  1. In psicanalisi, i. psicologica, il senso e la consapevolezza di sé come entità distinta dalle altre e continua nel tempo (dal Dizionario Treccani)

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