Block, Superblock and Megablock. Una breve storia.

Il block è considerabile come elemento base della morfologia urbana fin dalla nascita della città. Le denominazioni successive si riferiscono invece al cambiamento e modifica della sua scala all’interno dell’organizzazione della forma urbana. Tale sequenza individua il block come elemento fondamentale in una chiara gerarchia urbana associata ad una città in espansione; dalla città storica, alla moderna metropoli e megalopoli, fino alle emergenti megacittà dell’Asia.
L’area dell’isolato aumenta di dimensioni nel tempo, partendo da una dimensione di piccola scala di circa 1.6 acri per isolato ed in grado di definire una griglia, fino ai 16 acri del superblock e ai 160 acri (o più) del megablock. Gli isolati possono formare reti di strade regolari o irregolari, progettati per un uso collettivo o con l’intento di essere utilizzate da parte dei proprietari del lotto. In ogni caso all’isolato è spesso riservato un utilizzo singolo rispetto al programma, e ciò in nome dell’efficienza, contrariamente a ciò che avviene con l’avvento dei sistemi informativi e di comunicazione più avanzati nelle città in rapida espansione o contrazione, a causa dei quali sono stati creati nei megablocchi nuovi ibridi ed usi misti.
Il sistema urbano a blocchi isolati costituisce un potente sistema di organizzazione urbana in grado di trovare una modifica solo nel momento in cui lo sviluppo della sequenza lineare e la canalizzazione dei flussi hanno reso possibile  la creazione di nuove gerarchie, consentendo quindi alle città di espandersi attraverso superblocchi nei  territori aperti, come nel caso di Barcellona (Piano di Ildefonso Cerda del 1860). Inizialmente questo nuovo codice ha richiesto una sorta di adattamento rispetto alle funzioni, ma grazie a sistemi avanzati di comunicazione e informazione alcuni ibridi furono progettati per essere inseriti all’interno dei megablocks  anche per quanto riguarda città in espansione.

Il blocco isolato.

Michael Weinstock in “The Architecture of Emergence; the evolution of form in nature and civilisation” ( 2010) fa ascendere l’ evoluzione del sistema a blocchi interclusi ai primi popoli migratori che disponevano le loro grotte o capanne a cortili in base al soleggiamento. Sostiene che  con l’ espansione dei deserti  a causa dei cambiamenti climatici, migrazioni di massa introdussero questi modelli di insediamento nella Valle del Nilo, del Tigri e dell’ Eufrate, dell’ Indo e Gange, nella valle del Mekong in Asia meridionale e dello Yangtze e Fiume Giallo in Cina. Le città e gli imperi fondate su fiumi, erano instabili e soggetti a collasso. Pechino, fino all’ ‘800 la più grande città del mondo, fondata e rifondata dalle diverse dinastie, non solo  ha aumentato ogni volta  la sua capacità, ma, già nel 1400,  aveva sviluppato un sistema a griglia di cellule e cortili con blocchi di case  di 150 m, 500ft, vicoli hutong inclusi in superblocchi di 1000 m , 3500ft all’interno distretti-megablock , tra cui l’enorme Città Proibita ( 100 ettari, 245 ettari).

Beijing City e il piano cellulare a blocchi.

Le dimensioni degli isolati negli antichi borghi, città e colonie mediterranee, invece, erano generalmente molto più piccole. Mileto , la colonia greca , per esempio , conteneva blocchi di 30mx30m , 100ftx100ft di case a corte. La disciplina della legge spagnola delle Indie del 1573, valida per l’ America Latina e le Filippine,  prescriveva blocchi rettangolari di abitazioni attorno alla piazza secondo i modelli rinascimentali. Leon Krier nel suo Completar Santurce ( 1988) segnala che San Juan , Puerto Rico (1509 ) include cinquantanove isolati di 200x200m, 600x600ft, 36 ettari, 88 acri nella planimetria urbana e, così paragona San Juan alla  Berna medievale, a Firenze e Monaco di Baviera entro le mura, così come a Covent Garden, Londra, fuori delle mura romane.

Planimetrie di Covent Garden e London Estates.

Cerda, pianificatore dell’estensione di Barcellona oltre le mura  nel 1860, dichiara il suo interesse nei confronti del  piano di Philadelphia (1802) realizzato da Penn, a causa delle sue 5 piazze e i suoi isolati urbani da  200x200ft, 61x61m. Cerda progettò infatti il blocco isolato della città industriale ideale 360x360ft, 106x106m, 3acri, 1.2 ettari con al centro un giardino circondato da ampie strade con servizi igienici sotterranei (acqua, fogne , più gas e telegrafo ) di  20m, 65ft. “Urban forms; the Death and life of the urban Block ” di Philippe Panerai , Jean Castex, Jean Charles Depaule e Ivor Samuels ( 2004) descrive esaurientemente il  degradarsi dell’isolato europeo a perimetro chiuso  nella sistemazione a cottage della Garden City (1911), nelle ricerche sulle case lamellari (slab) del Bauhaus ( 1920 ), nel cul-de –sac americano di Radburn (1929) e nelle Unitées – blocchi lamellari (slabs) di Le Corbusier a Marsiglia ( 1947-1952).

Piano di Cerdà, griglia e diagramma di Le Corbusier su New York.

Superblocco.

La scala già accresciuta presente a Radburn superblock di 600x200m, 1.968 x 656ft, 44acri, 18 ettari, registra l’impatto dell’automobile, che Albert Meyer , il progettista e predecessore americano di Le Corbusier nella pianificazione di Chandigarh, ( India  inizio 1950) eleva a superiore grandezza. Albert Pope in Ladders (1997 ) descrive il disgregarsi della griglia americana, esemplificata dal blocco isolato medio di  New York 1811, di 800x200ft 244x60m, 1.46 ettari, 3,6 acri. In America gli intervalli delle uscite autostradali creavano dei cul-de – sac “a cadenza” come a Radburn . Levittown NY ( 1948-1951 ) ripete questo schema di accessi “ad albero” all’interno dei megablocchi isolati, creando il “ vaste space” descritto da Venturi, Scott – Brown e Isenour in Learnings from Las Vegas ( 1972). Questi si concentra sui sistemi di comunicazione, insegne stradali e la serie di superblocchi casinò, come la Stardust (1958-2007)  63 acri , 25 ettari.

Albert Pope diagramma delle scale, Venturi.

Il gruppo di Las Vegas ha confrontato sulla base della velocità dell’automobile, la scala dello Strip  della lunghezza di quattro miglia con la Ville Radieuse di Le Corbusier, basata anch’essa sulla velocità dell’automobile ( 1933).
A Chandigarh Le Corbusier progettò una griglia facendo riferiemento ad una scala percepibile dall’automobile e contenente 17  superblocks di 1200x800m, superblocs- settori urbani di 3937x2624ft ( 96 ettari , 237 ettari ) contenenti  39 diversi “urban village” composti di 150 famiglie ognuno. Le Corbusier sperava di costruire l’Unitè d’Habitation inserendovi differenti destinazioni d’uso e permettendo di creare una serie di parchi a nord e sud fruibili in continuità e riservando un centro monumentale.
Egli ha lasciato ai suoi soci, Pierre Jeanneret, Maxwell Fry e Jane Drew il progetto delle riquadrature intorno ai villaggi esistenti e blocchi residenziali a due piani raggruppati intorno a un parco, un piccolo centro commerciale e una scuola ( descritto da Jim Antoniu in Architectural Review , marzo 2003).

La “Superquadra di Brasilia” pianificata da Lucio Costa 1956-1960, dimensionalmente inferiore 850x880ft, 260mx268m ( 6.9 ettari , 17 ettari ) ma con maggiore densità, poteva contenere 10 blocchi lamellari  circondati da una cintura verde di 20m , 60ft (cfr. Martino Tattara in Architectural Design “ Urbanistica tipologica “ Edizione 01 /2011 , a cura di Chris Lee e Sam Jacobs)
Ogni superquadra aveva la taglia del Rockefeller Center, del World Trade Center o di tre blocchi di New York ( 6.9 ettari, 17 ettari ). Un percorso di accesso su disegno paesaggistico realizzato da Burle Marx portava ad un club, ad una unità sanitaria e ad una scuola materna, mentre parcheggi, strutture commerciali e pubbliche erano condivise con altre 3 superquadre per creare un megablok da 80acri, 28hectare.

Confronto tra Chandigarh , Brasilia e Milton Keynes.

Llewelyn-Davis, Week e Bor progettano l’autostrada dell’ultima new town inglese, Milton Keynes (1968), secondo una griglia di 1×1 km, 3280x3280ft ( 100hectare, 247 acri), più simile a quella di Brasilia.
Essa è impostata per contenere tre o quattro superblock residenziali a densità “suburbana”  insieme; e poteva anche contenere il megamall del centro città o un intero villaggio preesistente, soggetto a prescrizioni di conservazione storica. Lo stesso sistema di megablock da 1 kilometroquadrato, su loro consiglio,  è stato impiegato nella prima Zona Economica Speciale ( ZES ), istituita da Deng a Shenzhen fuori da Hong Kong (1990). Essa rendeva le cooperative di villaggio promosse da Mao villaggi di palazzoni  cfr. Urbanus Selected Works( 2007) e A village by the SEZ; the Dafen Sample of China’s urbanization  (2010).

Piano di Shenzhen e Urbanus, Progetto Urban Village.

Megablocco.

Il megaisolato, come la megalopoli contemporanea definita per la prima volta da Janice Perlman nel 1976,  combina all’interno della sua megascala sia i sistemi organizzativi precedenti che l’enclave pedonale, le reti automobilistiche ad “albero”. Perlman ha identificato Rio come una megalopoli di 8 milioni basata su favelas autocostruite e non mappate degli anni del boom del petrolio. Composte da vasti megaisolati collinari illegali tenuti insieme da sistemi di comunicazione di massa, radio e televisione, in seguito antenne satellitari, cellulari e internet. Le Nazioni Unite hanno calcolato che   la grandezza della megacity entro il 2007 si eleverà a 20 milioni di abitanti e ha avvertito del pericolo di “megaslum “ come a Dharavi di Mumbai in India ( 1 milione di abitanti ). Questo megablock auto-costruito è  costituito da diversi villaggi sovrapposti e fondati su zone fangose. I Vasai , i pescatori , il riciclaggio e le imprese agricole formano una serie di villaggi , mentre i piani superiori sono residenziali , con l’inserzione di alcuni moderni superblocks.

Piano per Dharavi.

In Unione Sovietica, fin dagli anni 1930, per l’assenza di proprietà privata della terra  sono stati progettati  megabloks di nuova  scala a partire dallo studio delle città industriali americane come Pittsburg. All’interno vi è stata creata la Microraion, basata sulla brigata del lavoro, ovvero micro distretti industriali contenuti entro le new towns ( 10-60 ettari, 30-160 ettari ). Dopo il 1947 la Cina ha importato tali Microraion sovietici per accelerare la sua modernizzazione, creando i blocchi industriali modulari di Danwei con abitazioni , scuole, ospedali, strutture sportive e ricreative. Tecnici della Germania dell’Est , per esempio, consultati sul progetto delle 798 opere elettriche a Dashanzi tra il 4^ e il 5^ Anello stradale di Pechino, propongono la formazione di798 aree di 64 ettari , suddivise in megablocks di 185 acri. Con il suo stile Bauhaus  e realizzato in blocchi lamellari,  il complesso ospitava oltre 12.000 persone nel momento di picco, mentre oggi è il quartiere artistico più importante della capitale (occupato quindi non ufficialmente utilizzato, dopo le riforme del 1980 di Deng).

Sovietica Danwei Microian, Dashanzi Pechino.

Clarence Perry , il pionieristico sociologo di Chicago del 1920 ha stabilito la scala del suo quartiere contenente distretti più piccoli in un megablock di 160 acri, 64.75 ettari, sostenuti con alcune modifiche progettuali,  anche da Duaney Platter – Zyberk nella Charter for a New Urbanism ( 1999). Constantin Doxiadis in “Architecture in Transition” (1963 , pp100 -118 ) ha illustrato la combinazione di  Radburn: vie d’accesso “ad albero” automobilistiche combinate con corsie pedonali di 1 miglio e megablocks super- scala di 1,06 km, come a Chandigarh. Questo megaisolato ospita 3 o 4 piccole comunità come la Microraion sovietico, ma in sistemi a strade cortile. Doxiadis ripropose  tali piani a isolati alla scala dell’autostrada in molte città ricche di petrolio, tra Riyadh e Bagdad , così come nelle capitali degli Stati di recente indipendenza, come a Islamabad in Pakistan e nella città portuale di Tema, nel Ghana.

Doxiadis Bagdad Piano di Settore.

Reyner Banham nel suo “Megastructures ; Urban Futures of the Recent Past ” ( 1976) ha comparato sfavorevolmente Brasilia col progetto di Kenzo Tange Tokyo Bay ( 1956), consistente in enormi celle megastrutturali che oltrepassano le autostrade sull’acqua col fine di estendere la più grande megacity del mondo. Come il Barbican Centre di Londra costruito nel 1956-1982 da Chamberlin, Powell e Bon, di 35acri; Tange ha combinato  housing, commercio, trasporti e svago in una complessa mega- sezione. Il podio e le torri del Barbican influenzarono molte New Towns  di Hong Kong, stabilendo un modello ripetuto ad una scala gigantesca da Farrell nel suo mall-railways station  complex  di Kowloon con delle torri ad uso misto uffici -hotel- torri residenziali (1996-1998 , completato nel 2009 ). Brian McGrath ha mostrato una simile complessità tridimensionale nella rete dei megamalls moderni che rispondono ai cambiamenti di accesso sovrapposti su una griglia di una tradizionale fattoria asiatica e sul sistema di irrigazione di canali nel suo Digital Modeling for Urban Design.

Sezione diagrammatica di Kwoloon Centrale.

Sistemi misti e blocchi isolati  ibridi.

Terry McGee ha individuato la struttura ibrida dei blocchi asiatici, sulla base dei pattern dell’antica irrigazione e dell’attività agricola, all’interno del suo “The urbanization Process in the Third World; Exploration in Search of a Theory” ( 1971). In seguito  alla ricognizione dei villaggi di piccola scala di Jane Jacob come strutture in Vita e morte delle grandi città (1961), McGee ha identificato un asiatico desa – kota   città – villaggio ibrido come nuova morfologia emergente in Indonesia, coinvolgente fabbriche e allevamenti ittici, risaie e templi, moderni grattacieli e antichi canali nel trasformare  gli olandesi kampung coloniali di Jakarta. Con l’aumento delle dimensioni dei blocchi nel corso del tempo, sotto la pressione dei nuovi sistemi di trasporto, delle tecnologie organizzative e di comunicazione informali, inevitabilmente anche i progettisti furono costretti ad  includere elementi non conformi nei loro piani, creando  sistemi ibridi non lineari.

Desakota diagramma megablock.

I leader dell’ India, Cina, Ghana, Tanganica e Indonesia di recente indipendenza,  hanno sviluppato questo sistema di programmazione non lineare con l’accento sulla modernizzazione delle culture di villaggio nel corso del 1960. Lavorando in Vietnam, il belga ASRO, gruppo guidato da Bruno de Meulder e Kelly Shannon, ha proposto di conservare villaggi e sistemi di canali in megablocks asiatici alla scala dell’agricoltura  nei progetti per Vinh ( documentati in “Urban trialogues”, 2004 , PP120 – 149 ) e più tardi di Canthro New Town nel Delta del Mekong (2011). Shannon lavorando con i professori Kongjian Yu e Dihua Li nel Landscape Urbanism Studio dell’Università di Pechino ha studia la cintura verde periurbana a sud – est di Pechino, sviluppando tre temi, la “ città d’acqua “ , i “ villaggi come City” e una “Multiplicity “ sviluppo megastrutturale per raddoppiare la popolazione in 10 anni.

Vinh agricoltura urbana, piano ASRO.

Kjersti Monson in “Cities of Dispersal”, numero spaciale di AD, a cura di Rafi Segal e Els Verbakel, ( gennaio 2008 , p46 -53 ) ha fornito una ricognizione completa del sistema della proprietà terriera in Cina, come pure del  sistema di pianificazione che ha incoraggiato lo sviluppo del megablocco. Monson ha messo a fuoco  a proposito della scala del superblocco a torre su basamenti o negli asetti dello sviluppo dei parchi come enclave per uso singolo all’interno delle strade perimetrali , secondo il sistema di accesi a cadenze di Pope incluso all’interno di autostrade insieme con giganteschi sistemi di strade verdi, come a Chandigarh , Brasilia, Milton Keynes o Shenzhen. Monson ha proposto di suddividere il sistema megablock cinese in modo che lasci un lato con il sistema di irrigazione tradizionale per le risaie e gli allevamenti ittici, frutteti ecc, creando uno “ String Block “ alternativo.

Monson String Block.

Rendere il blocco isolato, il superblocco isolato e il megaisolato più flessibili è una strategia che ha un evidente interesse in entrambi i fenomeni città crescenti in forma esplosiva, ma anche in quelle che stanno perdendo industria e popolazione in generale. Bernardo Secchi e Paola Viganò hanno identificato la “porosità “ dei blocchi come la questione chiave, come accordare i blocchi con  i flussi di energia e di persone, nei loro progetti per il Veneto 2010 ( sulla base della griglia della centuriazione romana e il sistema di drenaggio dei canali), Anversa ( 2008 ) e poi Grand Paris (2011 ) (http://www.legrandparis.culture.gouv.fr/actualitedetail/87 ) . Tutto nel tentativo di  modificare in modo adeguato il blocco, il superblocco o il megablocco per i futuri cambiamenti ecologici e climatici, proponendo nuove abitazioni, pannelli solari, tetti verdi e il riutilizzo misto adattativo, per esempio, nelle zone industriali povere, a bassa energia,  semi abbandonate e soggette a inondazioni . Usi misti nella sezione edificio divengono importanti in questa strategia di trasformazione del blocco.

Secchi Vigano Block porosità Anversa.

Conclusioni

Fin dal minuscolo sistema pedonale, il villaggio o quanto è alla scala dl più piccolo borgo, il blocco ( regolare o irregolare ) è stato la base dei sistemi urbani antichi e medievali  in Africa , Medio Oriente, Asia, Europa e nelle Americhe. I primi sistemi a blocco persistono al giorno d’oggi d’oggi come attori urbani messi in moto dalla bio-energia (schiavi umani , animali, vento e acqua ), da quella del carbone dalla prima ondata dell’ industrializzazione e poi dal petrolio, riformattando ogni volta  il sistema a blocchi isolati fino ad una enorme super- scala. Solo i primi imperi della Cina o Roma raggiunsero la moderna scala del super- blocco, che a sua volta viene incluso all’interno dei megablocchi contemporanei che fanno riferimento, per la loro connessione, ai sistemi di comunicazione globali.Oggi i progettisti sono liberi di operare a più scale, quella del  blocco , del superblocco e del megablocco tutte stratificate nel sistema informativo  a rete della città contemporanea che crea  un sistema non lineare di giustapposizioni. Megablock e  megalopoli paiono essere il futuro urbano, ma un più attento esame rivela sorprendentemente che molte scale e sistemi più vecchi  non sono esclusi. E’ bene che ad ogni passo esitante sulla scala del megablock  vi erano anche attori urbani che hanno  guardato indietro  verso l’ auto-organizzazione del villaggio urbano di piccole dimensioni,  messo in discussione l’ultima iterazione della mega – scala.


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