La matrice del discorso sulla sintassi architettonica emerge nel rapporto matematico tra le parti. Già Rudolph Wittkower all’interno del suo Architectural Principles in the Age of Humanism del 1949 evidenzia la forza con cui la composizione architettonica ha determinato una regola su cui manierismi possibili determinano poi emergenze architettoniche. L’approfondimento delle opere di Palladio risulta il punto cardine del suo scritto, nella maniera in cui non soltanto la produzione dell’architetto padovano articola la sintassi astrattamente e trattando della possibilità di proporre in termini formali una armonia musicale, ma anche a causa dell’estensione dell’uso di una regola dalle due dimensioni -tipiche dello strumento del disegno- alle tre dimensioni, attraverso l’impiego di medi proporzionali.
All’interno della Triennale del 1951, titolata La Divina Proporzione, il ritorno alla misura ed alla definizione della regola assume nuovo respiro internazionale. Il Modulor di Le Corbusier non fa in questo caso che confermare un cambio dello spirito del tempo, ipoteticamente inseribile in sequenza cronologica nel libro di Erwin Panowsky Il significato delle arti visive, nel suo libro Storia della teoria delle proporzioni del corpo umano come riflesso della storia degli stili. In questo libro la geometria risulta essere base per la manifestazione degli stili, facendo riferimento in questo caso ad una produzione artistica in senso più ampio, chiamando quindi in causa scultura e pittura, oltre all’architettura.
Ma è con Colin Rowe che un parallelo tra l’opera di Palladio e Le Corbusier è resa evidente. Si tratta qui della ripresa di un iniziale schema palladiano dettato dalla ripetizione di nove quadrati, utilizzato come puro elemento sintattico in grado di generare successive articolazioni sul tema. L’archetipo platonico è in entrambi i casi un riferimento essenziale, declinato in una casa-tempio con accezioni simboliche nel caso di Villa Malcontenta di Palladio ed in un oggetto tridimensionale sintatticamente complesso per quanto riguarda Villa a Garches di Le Corbusier. Le analogie fatte tra le due opere sono lo strumento basilare del discorso di Colin Rowe in Mathematics of Ideal Villa.
Dalla seconda metà del Novecento quindi oltre ad un discorso sulla proporzione e sulla misura come base per l’articolazione sintattica, un posto di evidenza sempre maggiore è assunto dal concetto di ambiguità. Senza analizzare le cause, in questa sede troppo complesse per una adeguata sintesi, una crescente incertezza ha determinato l’apertura da parte di studiosi e progettisti nei confronti del tema dell’indefinito o indefinibile, ambiguo, incerto.
Una evidente analisi sul tema è fornita da Colin Rowe nel suo libro Tansparency, in cui lo studio del cubismo, già a partire dall’opera di Cezanne, mostra una capacità da parte dei pittori di generare sovrapposizione di diversi piani leggibile su di una sola superficie, in cui la Trasparenza fenomenica permette di generare ambiguità. Per Juan Gris la stessa ambiguità si genera attraverso una impossibilità di definire quale superficie rappresentata sia sintetizzabile in un solo piano. É ancora Le Corbusier il riferimento precipuo trattando il tema della Trasparenza. All’interno della villa a Garches egli genera una stratificazione della facciata in grado di permettere una lettura di profondità differenti, senza prescindere dal fatto che questa nuova possibilità di linguaggio va ad articolare una sintassi già ricca di riferimenti. Chi è in grado di fare di queste riflessioni un metodo didattico è John Hejduck. Come è evidente all’interno di Education of an Architect: a point of view. The Cooper Union school of Art and Architecture egli genera un percorso per lo studente in grado di legare la realizzazione di un modello bidimensionale, assonometrie, modello tridimensionale, in cui lo studente ha la possibilità di lavorare sulla sintassi architettonica generando una serie di tensioni ed ambiguità attraverso gli strumenti della creazione dello spazio: forme geometriche che diventano poi sistemi costruttivi tridimensionali nella avanzata esercitazione del Juan Gris Problem. Anche Moneo nell’esporre il metodo didattico utilizzato da Hejduck all’interno del capitolo L’opera di John Hejduck o la passione di insegnare contenuto in La solitudine degli edifici, tratta di come lo strumento della griglia generata da un quadrato di nove quadrati rappresenti il garante del legame tra numero e forma, in una autonomia dell’oggetto rispetto al soggetto che è ben chiara al collega di Hejduck, Peter Eisenman. Con questo metodo di insegnamento gli aspetti formali diventano unico elemento di interesse per il progettista, in una completa astrazione e concettualizzazione dell’opera. L’evidenza della radicalità della posizione americana è in questo caso enfatizzata da Eisenman nel suo Ten Canonical Buildings, all’interno del quale dieci opere di architetti moderni e contemporanei sono mostrati nella loro capacità di formare la regola e di superare la stessa, tralasciando significati di tipo simbolico o letture che sottolineino il rapporto opera-artista ma mettendo invece in evidenza il modo in cui ogni opera può essere accostata ad un concetto, in una analogia con le proposte teoriche di Deleuze e Guattari, in un approccio post-strutturalista in cui l’associazione di concetti è scissa da una continuità logica intesa nei termini tradizionali.
Il linguaggio acquista qui la sua totale autonomia all’interno dell’oggetto, sia per quanto riguarda la sua comprensione da parte del soggetto che in relazione ad una ipotetica ermeneutica che si slega completamente da un qualsiasi percorso canonico di tipo logico, cronologico, biografico, grafico – inteso nel senso bidimensionale del termine.

La ricerca, suddivisa in articoli, è disponibile ai seguenti link:

Regole canoniche, genesi ed evoluzione.

Trasparenza reale e fenomenica.

La riforma americana della sintassi.

Critica dell’Architettura: confronti.

Critica dell’Architettura: confronti II.

 


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