1. Essere abitando.
Nasce corpo animale, laddove lo depone la madre, l’uomo; da subito, spontaneamente mettendo in esercizio le facoltà specifiche di cui è dotato non solo per conservare la vita. Certamente per cercare con la bocca il corpo della madre; e, in assenza, dimenarsi e piangere. Ma ben presto per intendere l’intorno ed “abitarlo” e, nel prosieguo, popolarne di fantastici simboli i “dove qui ora”.
Ogni “dove qui ora”assegnato al corpo è intersomatico sito del campo; fin da subito, senza averne parole adatte, condiviso col corpo della madre; dipoi, sempre prima di averne concetti e parole, condiviso con altri in un interagire essenziale che è altresì interscambio denso di significati del tutto somatico e fondamentalmente privo di parole, anzi preliminarmente subìto (assunto) come condizione di sussistenza.
Fin da subito, alla nascita, l’essere al mondo è un laccio inestricabile tra il corpo proprio, il corpo dell’altro, la madre almeno, l’intorno che avvolge e sostiene entrambi, e che chiamiamo “mondo”. L’allacciamento inestricabile di ogni uomo in questa terna, Merlau-Ponty, lo chiama sistema esistenziale.
In tale situazione/condizione, pervenuti alla maturità dell’intelletto, si esercita la facoltà di distinguere e riunire, leghein in greco, luoghi e momenti temporali. Nei termini di Vitruvio, ordinare/disporre, bensì ciò che chiamiamo spazio del mondo ma per il tempo umano. Le categorie base dell’architettura (cfr. ex quibus rebus architectura constet dal I libro del De architectura di Vitruvio) nominano le operazioni essenziali che tramano il nesso tra spazio e tempo secondo il come la natura lo mostra come vero. Ordo, disposizio, sono d’altra parte, le operazione essenziali dell’esplorazione che scioglie il labirinto (non so dove) in un insieme di demarcazioni che rimandano le une alle altre attraverso un insieme di cammini. Sono le azioni mentali in esercizio nel demarcare per distinguere i siti e riunirli secondo percorsi che verificano relazioni; un altre parole per introdurre nel campo fatti che permutano i siti in luoghi, coi loro marchi simbolici altrettanto intersomatici ma dotati di senso comune o d’intenzioni intersoggettivamente decifrabili per agire, anzi interagire, benché individualmente, tra gli altri e insieme ad essi. Il processo primitivo e originario di questo interagire lo chiamiamo esplorazione.
Il fatto elementare, per quanto banale, ineliminabile e primario dell’esplorazione è il passo,conseguentemente, l’orma del piede nel passo. L’orma nel sito o nel posto appena lasciato dal piede è il segno primitivo dell’esplorazione. D’altra parte il piede nell’appoggiare sul suolo-fondo, sostiene il corpo proprio nell’elevarsi ed esporsi all’orizzonte del cielo ed alla corsa del sole (evidenza prescientifica alla percezione ) mentre la sua massa intera è messa in gioco, fino al capo, nell’equilibrio dell’andare; e perciò lo sguardo stesso gettato sull’intorno dagli occhi, e la visione stessa, per la solidarietà dell’occhio nel corpo e nel capo, spicca dal piede e dal sito d’appoggio da cui spicca. Ed altresì mentre intercettando la luce il corpo stesso lascia un’ombra alle spalle. Per cui il “cippo” di pietra dipoi elevato in stabile equilibrio sul suolo spianato ed esposto al sole, è un sostituto del corpo e simultaneamente un alterego del marcatore del suolo-fondo e del qui posizionato ed esposto all’orizzonte ed alla luce mutante del sole che intercettata getta un’ombra dal fronte opposto segnando un “ora inumana”, accordo somatico attraverso il corpo dell’uomo col “mondo” intorno. Dipoi il “cippo” elevato esposto e fondato, s’affina e perfeziona fino a divenire l’asta rigida e sottile o manufatta o fusa in metallo della “meridiana”, il “metro” del tempo inumano o pre-umano. L’ora si congiunge al qui nel “segno” di un “fatto” an-umano, che viene da un “oltre-l’orizzonte”, l’ombra, il segno dell’ “ora” del qui . L’esposizione del corpo nell’assegnare al corpo un qui, conferisce, altresì ad esso, simultaneamente un’ora d’accordo col mondo intorno ed alla coscienza la sapienza irrevocabile delle sue ore o della irrevocabile sequenza dei suoi percorsi temporali. D’altra parte per la coscienza che nel volgere l’attenzione conosce solo momenti temporali di esperienza o cogitaziones, il primo essenziale termine di “misura” è il tempo. Senza di che neppure lo spazio e la sua alterità dal tempo non può essere saputa. Donde il concetto della misura ed il suo segno deve essere, nell’esposizione il segno del tempo, cioè nell’accordo “somatico” coll’intorno del mondo l’idea di esso, cioè dell’essere il tempo evento non psicologico, ma “fatto” del mondo intorno detenuto in comune intersomaticamente. L’esposizione del corpo nel sito assegnato immediatamente e somaticamente o intersomaticamente s’inscrive nell’intorno del mondo condiviso da altri. Il “cippo” di pietra fondata intenzionalmente è demarcazione della coscienza, anzi della sapienza coscienziale di questo fatto. Come tale è chiamato erma. Come principio di misura assume invece una manipolazione adeguata affinchè l’ombra sia nitida al suolo, come tale è chiamato da Vitruvio “gnomone”. Il quale, proprio come termine somatico di ogni misura, ne tratta immediatamente nel primo libro del De architectura. E non tanto come termine di misura spaziale, bensì temporale che è l’avvio fenomenologico di ogni misura, in primis quella spaziale. La quale come misura è non coscienziale.
Nel volgere l’attenzione, da architetto, a questo processo, si segnala l’operazione base di demarcazione del sito, anche nel caso preconscio o preintenzionale, di scelta di una cosa radicata in esso, che permuta in luogo il sito e fa, nelle repliche e successive, della situazione, preliminarmente labirintica, del campo ignoto da esplorare, un campo di siti marchiati o luoghi, si verifica che l’operazione mentale base esercitata in tale processo si articola in due “momenti”: orientare il pensiero a ciascun sito del campo per marchiarne il suo dove e disporre esso sito attraverso la simbologia di quel marchio posizionato e distinto all’azione comune .
2. Esplorare.
1. Il corpo attore nel muoversi per esplorare si sa (guarda sé stesso) in tal frangente e vi distingue l’evento elementare del passo, l’ esser cioè pervenuto nel sito per lasciarlo subito dopo. Laddove il sito non è slegato dall’insieme dei siti che accolgono il corpo mentre nel muoversi lo ispeziona. Così nel reiterare gli itinerari tra i siti, scopre ed elabora , vero e proprio orientamento del pensiero al mondo, una mappa mentale per dirigersi tra loro e ritrovarne i dove nella relazione dell’uno tra gli altri e rispetto ad essi.
2. Nell’esplorazione l’atto chiave è il passo. L’attenzione si volge , allora, alle facoltà in esercizio nel passo dove l’intera massa del corpo è in gioco nell’equilibrio dal capo al piede, cosicché si verifica che l’occhio da cui si getta lo sguardo sull’intorno per scegliervi la cosa ivi radicata da ritenere per riconoscerlo, spicca il suo volgersi ad esso dal piede e dal fondo su cui poggia. Vi è dunque una solidarietà tra il fondo su cui poggia il piede e l’occhio da cui si volge lo sguardo alle cose radicate in esso e scelte per individuare il sito ritenerne il dove riconoscerlo. L’insieme delle cose scelte e ritenute attraverso le loro immagini ed eventualmente i nomi, per identificare i dove demarcati nel corso dell’esplorazione, costituisce la mappa mentale dei dove.
3. D’altra parte questa mappa non è neutrale, campo cioè di itinerari generici. Ma campo di itinerari intenzionali verso ciascun sito, il quale ha uno stato proprio differenziato dagli altri e distinto per motivi propri di attrazione. Il marchio simbolico apposto dagli uomini intende marcare tale motivo d’attrazione come genio proprio del sito che ne fa luogo. L’insieme dei siti appartiene al campo entro il quale si sono succeduti gli itinerari verso ciascun sito. D’altra parte presso ciascun sito si svolge il ciclo temporale d’un fatto che a sua volta può essere tipologicamente distinto e demarcato.
4. Si tratta infine di segnare la “norma” o il paradigma delle differenze riunite dai rimandi complementari e sinergici. Si tratta allora di costruire un recinto i cui siti, segnati in prima istanza da demarcazioni di dove rimandanti l’uno all’altro per relazione posizionale, ricevano una coesistente e simultanea co-demarcazione di valore temporale con un proprio distintivo significato feriale o festivo, profano o sacro, assegnato alla vita o alla morte.
5. Il “paradigma” di tale recinto è l’edificio stesso architettonicamente costruito e disposto. E la sua “idea” il tempio, dal latino templum, il campo di una azione sacra. Il templum è “idea” del campo d’azione umana, del campo dei luoghi o siti simbolici, del campo i cui siti hanno ciascuno un valore temporale intersoggettivo, non solo intersomatico.
3. Mappare.
A. Si è riconosciuto il “passo” come momento elementare dell’esplorazione dei siti del mondo. Nella sua dinamica il passo ha un momento statico d’equilibrio nello sbilanciamento dell’andare. L’idea di questo momento statico come verità del sito, sempre preesistente, e sempre lasciato ad altri per una loro libera possibilità di passo fondativa del sensus communis della irrevocabile persistenza di esso come inalterabile appoggio del piede nel passo, e con essa dello scostamento dall’altro appoggio che fa spatium tra i due. Allora l’elemento minimo dello spazio e della sua intuizione è appunto il momento statico dell’appoggio del quale, il protagonista è il fondo. È questi che concede al piede il passo. Sostenendolo mentre si sbilancia per andare. Nel sorgere del concetto di fondo come corpo statico contrastante (sostenente) il corpo dinamico dell’uomo, si apre l’idea di spazio come possibilità di sbilanciarsi nel passo essendo liberi da vincoli. L’esperienza del passo è registrata dalla percezione come fatto tattile del piede,mentre la mente intuisce la triplice implicazione di due corpi ( mio/suo. della terra e dell’uomo) collaboranti nell’andare e di un’assenza di vincoli o della possibilità di muoversi, cioè di avere spazio da occupare.
Il fondo come dato di fatto corrispondente all’idea di “corpo altro” interattivo con quello umano, è la prima idea di realtà intersomatica nei confronti della quale lo stesso corpo umano non ha vincoli. Poiché essa, in quanto fondo, possiede ma una moltitudine di luoghi andando tra i quali si fa l’esperienza di avere spazio di movimento.
È il deposito su questo fondo di un “indice”, una pietra informe o sbozzata detta erma (come fu chiamata con parola greca) che denomina un punto concreto del fondo, un sito. Anzi, il deposito di una “erma” nel fondo del sito , denota il fatto che il sito ha ricevuto il corpo dell’erma conferendole il dove del suo sito, appoggio e momento statico. E con essa una demarcazione (che per la mente è denotata da un nome).
Questa è la nozione primitiva, somatico-intersomatica di spazio. Senza il fondo che costituisce l’altro interattivo nella determinazione di un movimento libero da vincoli, l’idea concreta di spazio non esiste. Senza la collaborazione dei corpi in un azione interattiva che si verifica libera da vincolinon si da idea di spazio.
Questa è la primitiva nozione di spazio: una nozione somatica-intersomatica.
Il passo come evento d’ora è replicato intenzionalmente e reiteratamente nell’esplorazione del campo ignoto come atto base del procedimento esplorativo, e nelle repliche/ ora, somaticamente recepite come tatto del piede simultaneo al non toccare della mano tesa e dell’occhio che attraversa il trasparente/penetrabile, per toccare visivamente le cose che vi stanno è inteso come intersomatico “dove dell’ora d’altri”; e “dove di una altra ora” . Tale dove di un altra generica ora, si verifica nel momento di procedere quando il sito è lasciato ad altri, e ad altro nell’attesa e così memorizzato attraverso l’icona di una cosa scelta nel campo a simbolo topografico ( poi sostituito con un menhir/ erma).
B. La ripetizione dell’atto di marchiare con icone i “dove topografici” come la replica delle ore d’ispezione, ri-tenute (termine husserliano per memorizzare l’immediato vissuto – cfr. diagramma della processualità interiore del tempo di Husserl, perfezionato da Desanti) come icone del “persistere intersomatico” dei topoi terrestri a disposizione del vissuto di altri in altre ore, porta a completare fino a riempire di segni l’area topografica. E forma alla fine la mappatura topografica 1:1 di orme e icone.
Questa marchiatura reciproca, in memoria e nel sito coincide con una mappatura dell’area topografica la cui conferma sarà il deporre di proposito segni o picchetti nel campo (come i menhir/icone); termini cioè di “misure” riferite al tempo di movimento del corpo.
Cose segno e non segni vocali.
Che non valgono nell’immediato ma per un momento posticipato nel quale riattivare i significati della posizione segnata nel campo.
Anzi per un momento che raggiunge una visione sintetica o d’insieme e sinottica che sa la coesistenza di tutte le posizioni e il modo di raggiungerle o di passare dall’una all’altra nonché le proprietà locali di ciascuna.
Mentre il loro insieme si sgancia dal tempo vissuto per essere area di ogni dove somatico simultaneamente coesistente e topograficamente intersomatico i marchi icona, possono essere sostituiti da marchi intenzionalmente deposti, erme (gnomoni, stele) dotati di un valore temporale umano o cosmico. Marchi cosali, non vocali [eventualmente nominati per riferirne sinteticamente altrove e successivamente ad altri] che non valgono nell’immediato ma per un momento posticipato nel quale riattivare i significati della posizione segnata nel campo.
C. Mappatura 1:1 e mappa mentale completa , riguardate nella loro correlazione rigida, biunivoca, e nella totalità delle loro relazioni di posizione/relazione/disposizione topografica, può essere concepita come scrittura originaria, ove il suolo è “fondo” di ogni posizione di sito/ icona segnato, cioè iscrittovi come “dove” topografico in relazione a tutti gli altri in attesa di corpi e dei loro tempi personali da svolgervi coesistendo simultaneamante ad altri. Allora si sospende il primitivo valore solo topografico per conferire ad ogni dove uno per uno, marchi di valore temporale che nel loro insieme ricoprono l’arco della vita personale in società. Cfr. appendice1.
La mappatura mentale locale di accenti topici cioè localmente situati in modo irrevocabile in siti che hanno significato temporale per le persone in relazione sociale tra loro si concettualizza in uno schema [che può essere astrattamente esposto nei termini di un paradigma matematicogeometrico] di posizioni coesistenti in una disposizione reciproca rigida sganciata dal tempo dallo scorrimento per valere sempre come presente simultaneo ad ogni scorrimento ai cui periodi conferisce significati temporali validi per il tempo interiore ancorché estranei al loro scorrimento. Questo schema si marchia in una mappa di casa, città, territorio abitato.
D. Sono marchi istitutivi di valore sociale della temporalità personale quotidiana o festiva case, templi, fori, città in cui si trascorre reiteratamente un periodo di tempo, passando da un luogo all’altro come da un periodo all’altro. Cfr. Tristi Tropici, Bororo, e Semiologia urbana di Choay.
E. Ogni mappa di questo genere, casa, città o campo di territorio marchiato, come regolata da uno schema di rapporti posizionali irrevocabili, tra picchetti traguardo e linee di collegamenti, concreta una sintassi astratta e può regolare su di essa qualunque itinerario immaginativo, anche un itinerario di proposizioni verbali o un discorso. Il quale ricava da questo un ordine sintattico di totalità nelle successioni.
I marchi designanti siti della casa o della città, costituiscono la prima e più radicale forma di sintassi per controllare periodi di tempo nel loro insieme di campo temporale in cui si svolge l’intero movimento del vissuto e vivibile momento per momento (anche quindi parola per parola). È quindi anche la più radicale forma di relazione tra campo di spaziotempo locale e tempo di esposizione verbale e tra cose segno e segni vocali.
Come tale probabilmente i retori e gli allievi oratori, hanno fatto della scelta di un edificio (appunto come spazio costruito campo marchiato di picchetti e linee di collegamento) il mezzo base di istruzione per controllare il periodo di tempo della esposizione vocale di una orazione come ci insegna la Yates.
Si può ora affrontare il tema del rapporto tra segno vocale verbale e segno cosa.
Ernesto d’Alfonso