Le due direzioni genetiche struttura > forma e forma> struttura assorbono nelle loro possibilità infinite di modulazione, l’intera dialettica dell’architettura antica. Penso che oggi e nell’immediato futuro non sia possibile un’architettura se non nella direzione struttura> forma.Cioè, con dizione non esatta ma forse efficace, nella struttura come forma
Luigi Moretti
Nota all’immagine: L’architetto Figus ha svolto i temi delle coperture che illustriamo partendo dalla ricerca di una volta per un teatro. Volta che fosse strutturalmente adatta ad un grande ambiente, avesse un buon comportamento acustico e che si rivelasse sia all’esterno che all’interno dell’edificio, con forma più viva e sensibile di quella delle usuali volte sottili. Con tali premesse il Figus si indirizzò verso le superfici corrugate e, conducendo le sue ricerche direttamente su modelli prima che sul disegno, giunse dalle forme più semplici alle più complesse ed espressive. Sono tutte forme sviluppabili in piano, nate dall’intersecarsi di superfici piane e quindi secondo spigoli tutti rettilinei. L’essere sviluppati in piano, il che di fatto consente di ricavare i modelli da un unico foglio con semplici piegature, conferisce loro un aspetto geometrico singolare. Ogni tema di forma viene stabilito dal numero e dalla dimensione dei corrugamenti poiché da questi scaturiscono il disegno e la curvatura dell’insieme.
“Ancora oggi seguitiamo a considerare in una architettura i valori plastici, i valori costruttivi, i valori funzionali separatamente gli uni dagli altri e con le stesse accezioni che questi valori assumono nelle arti o nelle tecniche. […] Se si aguzza lo sguardo non è difficile individuare l’origine di questo empirico ragionare sull’architettura nella vitalità e incombenza della secolare triade vitruviana. Vitalità che sgorga perpetua da quel semplicismo didattico della “firmitas, venustas, utilitas” che i trattatisti minori e i commentatori, sin dal Cinquecento, dedussero dal pensiero vitruviano, tanto più sottile, ricco e unitario.”
“Non è stato facile per il pensiero critico intendere che le aggettivazioni possono delimitare un soggetto ma non ne definiscono l’essenza. La quale è data dal complesso di relazioni in cui le aggettivazioni principali e secondarie,le forze e le modalità che le determinano e le governano, vivono contemporaneamente insieme; complesso di relazioni che costituisce quella struttura, intesa la dizione in senso logico-matematico, che sola e indipendentemente dal valore concreto delle aggettivazioni, costituisce e definisce il soggetto.”
“Un’opera di architettura è dunque in ogni suo punto realtà e rappresentazione, cioè ogni suo punto deve identicamente soddisfare due categorie di esigenze così come del resto ogni altra arte. Ogni punto è pertanto un fatto di ordine tecnico e funzionale, che sottostà cioè alle imposizioni parametriche della realtà e della tecnica, e un fatto espressivo.
Si può tentare di chiarire dicendo che un’opera è architettura allora che una delle n strutture (in senso costruttivo) possibili , coincide con una forma soddisfacente il gruppo di funzioni richieste e con una forma aderente ad un determinato andamento espressivo “dell’anima dell’alveare umano” quale raccolto dall’architetto. Se si considera la struttura nella sua forma (propria e degli spazi che indica), la funzione nella forma che indica,la forma espressiva come puramente tale, le tre forme in una opera di architettura devono essere coincidenti, identiche, ciascuno momento indistinguibile dell’altra.”
“La crisi dell’architettura moderna sembra nascere principalmente dalla rilassatezza della necessità espressiva, da una specie di stanchezza biologica che rifiuta tutto ciò che non sia strettamente positivo, pressante, contingente. La storia dell’architettura testimonia in ogni opera raggiunta l’identità delle tre categorie di forme e quindi la densità e la tensione particolari ad ogni punto dello spazio architettonico, ben diverse dalla densità e tensione che avrebbero i punti di uno spazio solamente strutturale o solamente formale o solamente funzionale”
“D’altra parte la direzione funzione>forma nella quale convennero, teoricamente, l’architettura razionalista e per i rami della Bauhaus l’industrial design, si appalesa sempre più percorso limitatissimo nel campo dell’architettura. Difatti se per “funzione” intendiamo il complesso dei caratteri determinativi degli spazi e dei loro concatenamenti, nonché delle condizioni e qualità dei materiali, si deve rilevare chiaramente l’alternativa: o questi parametri sono in numero limitato e partitamente ed esattamente conosciuti, e allora spazi e materiali si deducono con rigore scientifico, e di conseguenza essendo le possibilità di oscillazione della forma minime o nulle entriamo nel campo della tecnica, o,meglio, all’estremo limite di quella che io chiamo “architettura parametrica”; o questi parametri sono numerosi e poco definibili e allora la funzione non può che indicare una forma approssimata, una pre-forma latissima, che soltanto il processo successivo nella definizione della struttura costituisce in compiuta figura. E non è questo allora un processo tipico struttura> forma?”
“Infine, superando l’indagine sull’atto fondativo dell’architettura, mi sembra come tutto riveli che l’architettura, quale fatto, sia essenzialmente“ struttura“ nel senso che si assume in logico-matematica cioè di“complesso di relazioni“. E compiutamente vorrei dire che nel suo concreto caratteristico, l’architettura è struttura di densità di energie. Nelle densità di energie intendo impliciti gli spazi.”
Moretti riporta in questo articolo, pubblicandoli integralmente, gli studi che l’ architetto Guido Figus ha condotto per ricercare una copertura ad un suo progetto di teatro, notevoli secondo Moretti “per quel modo di girare, eccitato e ipersensibile, nel regno di una categoria di strutture per cercare di trovare quella specie di punto magico capace di fermare una struttura nella perennità di una forma; di sublimare la materia in una forma astratta da tutto, così come gli architetti adrianei o i gotici”
Struttura come forma assume il ruolo di editoriale a tutti gli effetti di “Spazio”n.6, insieme a Valori della Modanatura. Si tratta infatti di un testo chiave in cui Moretti chiarifica la sua posizione riguardo il binomio forma/struttura, anticipando molti contenuti della sua ricerca nell’ambito dell’ architettura parametrica. Gli studi dell’architetto Figus per la copertura di un teatro riprendono a livello di pratica architettonica le riflessioni di Moretti su un’architettura “essenzialmente strutturale” che, durante la progettazione, raggiunge la sua massima forza espressiva nei modelli ( interessante qui il confronto con i modelli in gesso degli spazi interni nei capolavori antichi, in Strutture e sequenze di spazi, “Spazio” n.7). La modellazione plastica tridimensionale si presta sin dalla fase iniziale come strumento essenziale per tutto il processo progettuale, svincolandosi dal consueto ruolo di “rappresentazione finale” per divenire azione profondamente integrata nel design stesso. Solo attraverso il modello infatti è possibile studiare in modo approfondito forme e strutture che interagiscano in maniera inedita con le funzioni richieste, sempre in direzione della nuova architettura parametrica che secondo Moretti dovrebbe essere risposta all’attuale situazione di crisi dell’architettura contemporanea. Il confronto conflittuale tra valore puramente visivo e valore plastico, che contiene in sè un’implicita e profonda relazione con i parametri logico-matematici a cui è riconducibile la costruzione, sembra essere filo conduttore di “Spazio” e assume di volta in volta declinazioni specifiche tese a dimostrarne la validità e attualità in tutti gli ambiti dell’arte contemporanea, inclusa l’architettura.
Maria Lucrezia De Marco