Pagina 69 di "Spazio" n.4

       L’Architettura, così come la pittura e la scultura, sembra in questi ultimi anni divenuta casuale e interessante solo per i pretesti che assume di volta in volta per la sua validità. Le sue latitudini tecniche non appaiono coincidenti con chiare, decise e soprattutto esaurienti esigenze espressive. Ad un certo momento ci si accorge, ad esempio, che la costruzione ad appartamenti di Mies Van der Rohe a Chicago è certamente un meccanismo abbastanza esatto ma che la sua ragione di vita non è giustificata molto di più di quella di un altro corretto edificio. E’ allora da chiedersi se quel senso di assoluta necessità delle architetture antiche provenga da una loro differente sostanza, come pensiamo, o dalla nostra secolare abitudine alla loro contemplazione, che le ha trasformate, inavvertitamente in armonie fossili. 
L’architettura moderna deve ormai puntare su risultati conclusivi o aver la forza di accertare i suoi limiti e in tal caso di dimenticare e non più recitare il paradiso perduto. Spazio nei prossimi numeri inizierà una serie di studi su questi problemi nella intenzione di contribuire a chiarirli.

                                        Luigi Moretti,  RICERCHE D’ARCHITETTURA, da “Spazio” n.4

1. Architetto Luigi Moretti: Casa per una Cooperativa in corso di costruzione in Roma nel quartiere di Monteverde

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Img1:  Pagina 69 in “Spazio” n.4

Img.2 : Architetto Luigi Moretti: Casa per una Cooperativa in corso di costruzione in Roma nel quartiere di Monteverde

Moretti è stato – sostiene Frampton in The Value of Profiles Structures and Sequences of Spaces- cfr. “Opposition” n° 4 del ’74 – di grande importanza non solo per il suo lavoro come architetto ma anche per il suo contributo come teorico. Così mentre alla sua Casa del Girasole è garantito un posto nella storia dell’architettura moderna- in quanto controparte barocca al razionalismo di Como – i suoi testi non hanno ancora raggiunto una minima parte della considerazione che meritano.

Richiamando poi la rivista “Spazio” degli anni Cinquanta, Frampton segnala l’ intelligenza del pensiero di Moretti sulla dimensione semiologica dell’architettura chiamata dall’architetto romano “architettura parametrica”. E aggiunge: Vent’anni fa Moretti immaginò un’architettura estremamente “strutturale” svincolata dalla ” assoluta libertà di immaginazione dove le radici delle equazioni non possono essere determinate.” Allo stesso tempo ha guardato all’evoluzione di una nuova critica rigorosa basata su una comprensione analitica dei processi di formazione e trasformazione.

D’altra parte nello stesso numero di Opposition, Thomas Stevens motiva il valore complessivo degli articoli commentati (The Values of Profiles “Opposition” n°4 Ott ’74/ Valori della Modanatura “Spazio” n°6, Dic 1951-Apr 1952. Stuctures and Sequences of Spaces “Opposition” n°4 Ott ’74 / Strutture e Sequenze di Spazi, “Spazio” n° 7, Dec 1952-Apr 1953) richiamando il testo di Ricerche in Architettura che appare in “Spazio” n° 4.

I due articoli Valori della Modanatura e Strutture e Sequenze di Spazi, che “Opposition” ripubblicava tradotti in inglese per la volta, sono appunto documento di questi studi. Il suo lavoro degli anni ’40/’50, che lo ha portato all’attenzione perplessa e preoccupata degli architetti dell’International Style e della critica, come scrive Stevens, dimostra che Moretti non fu tanto un “reazionario politico come lo consideravano i suoi avversari, quanto un critico della scuola di pensiero che trattava tutta l’architettura del XX secolo o come automatico sottoprodotto dello zeitgeist o come preferibilmente automatico sottoprodotto di una tecnocrazia sociale, essendo questi due aspetti spesso considerati uno unico.”

Detto ciò, dopo altre considerazioni, lo stesso Stevens conclude con questa osservazione “In altre parole, (parafrasando Moretti) non abbiamo a che fare con la realtà fisica, ma con la rappresentazione ideale e siamo purtroppo indietro ad Alberti e Vitruvio e al fatto che, citando Moretti, ogni edificio è sia una realtà fisica che una rappresentazione ideale insieme, solo se la volontà di rappresentazione è presente nell’architetto. Soddisfare la sola necessità è di poco conto se il risultato deve apparire come una massa senza forma e mal concepito, dice Alberti; e il fatto, comunque desolante per i deterministi, che una categoria di necessità possa condurre a diverse categorie di rappresentazione, significa anche che possiamo considerare ancora i prodotti architettonici finali in termini di loro criteri plastici, come Le Corbusier a volte ha fatto, e Moretti ha cercato di fare in modo consistente.”

Sotto il titolo di Ricerche di architettura “Spazio” pubblica  nel successivo numero 6 Valori della modanatura e Struttura come Forma e nel numero 7 Strutture e sequenze di spazi.

Ernesto d’Alfonso

Luigi Moretti, Modello di uno stadio secondo le curve di equiappetibilità visiva

 

Img.3: Luigi Moretti, Modello per uno stadio realizzato secondo le curve di equi_appetibilità visiva, 1960

Il tema della ricerca, di cui nei numeri successivi di “Spazio” Moretti darà qualche saggio, è anticipato in questo articolo in cui l’assoluta necessità dell’armonia nell’architettura antica si traduce in un interrogativo cui l’ architettura parametrica, uno dei concetti più significativi del pensiero dell’architetto romano per complessità ed avanguardia, cerca di dare risposta.  Gìà richiamato da Frampton nella sua introduzione e, in modo indiretto, da Stevens e Eisenamn, esso compare sin dai primi numeri di “Spazio”, pur restando all’interno della rivista in qualche modo implicito e in attesa di una piena definizione. Punto di partenza è la relazione tra forma e struttura, intendendo quest’ultima come “creata ordinanza” dei rapporti concepiti in termini matematici che legano le singole parti.

La Tedeschi in Luigi Moretti, Razionalismo e Trasgressività tra barocco e informale suggerisce l’ascendenza dell’idea “parametrica” agli studi di Moretti di Heisenberger, dei gruppi di Galois e  di Cantor, ed anche della geometria non euclidea di Lobacevskij. Tale astrazione matematico-geometrica costituisce la base su cui  Moretti vuol fondare una nuova estetica legata all’uso di “un linguaggio puramente matematico e logico per le strutture o le quote di esse nettamente individuate” e “decisamente e coscientemente lirico ed intuitivo nei punti di saldatura incerta delle indagini”.Perciò la forma elementare è “costituita da un gruppo di differenze tra loro legate da relazioni che ne esprimono e ne obbligano l’ordinamento e la consequenzialità.” La forma per Moretti non esiste di per sè ma è data da un complesso di relazioni esprimibili in termini matematici, ossia dalla struttura.

Dunque la forma come struttura è l’architettura stessa, istruita dai metodi matematici, ossia determinata dalla riduzione della “costruzione” a “parametri” matematicamente definibili, misurabili e relazionati tra loro. I  parametri diventano così “espressione del nuovo linguaggio architettonico”, in cui la “struttura nel senso delle forme e dei loro rapporti” è “rispondente a date funzioni di ordine pratico, etico, sociale e spirituale”. Applicazione pratica di questi studi “parametrici” è il modello in gesso di Moretti per uno stadio- esposto alla XII Triennale di Milano, 1960-  basato sulla ricerca di nuove forme più adattate alle funzioni richieste e dotate di una nuova figuratività.
Ricerca sembra essere parola chiave di Moretti per il suo lavoro, sia come teorico che come architetto, da un lato teso al raggiungimento di un linguaggio artistico e culturale unitario, dall’altro alla definizione di nuove soluzioni progettuali in cui forma struttura e funzione non vengano più concepiti come ambiti distinti ma profondamente coincidenti e unitari, come lo furono nei “periodi d’oro” nella storia della civiltà.

Maria Lucrezia De Marco


Save pagePDF pageEmail pagePrint page
SE HAI APPREZZATO QUESTO ARTICOLO CONDIVIDILO CON LA TUA RETE DI CONTATTI