La scorsa volta, a proposito della biblioteca di Helsinki (progetto non realizzato di Degli Esposti Architetti) ho parlato di paradigma tipologico tridimensionale, basato sul prisma a base quadrata diviso a meta. L’ho riguardato come tema di architettura musicale basato sull’intervallo del tono, divisione a metà della lunghezza, che determina la modulazione timbrica della luce (metà ombra e metà buio) applicato ad uno spazio astratto geometricamente, perimetrato dall’involucro che lo mantiene integro sott’acqua. Cosicchè l’accesso deve protendersi dalle rive inabissandosi, essendo logicamente nello spartiacque tra luce ed ombra, area scoperta e coperta, lungo l’asse speculare d’inversione nel buio della luce.
Il carattere di paradigma tipologico di questo progetto è ribadito da quello successivo, un museo, anch’esso per Helsinki. In questo progetto il paradigma è “declinato”, il suo tema elaborato o variato. Anche qui il prisma a base rettangolare è diviso a metà cosicchè ciascuna parte si rapporta all’intero sulla base del tono (il doppio) cadenza del ritmo ma il volume è sollevato dall’acqua e sta sulla riva, cioè tra la riva e l’acqua; così la metà -circa- può affondare. Si rafforza l’opposizione luce/ombra che si carica di una valenza tettonica, l’opposizione aria/acqua, che rimanda all’opposizione spazio trasparente/spazio cieco del rapporto massa chiusa/aperto intorno. È questo molteplice valore semantico il segreto della “concezione” che orienta la variazione del paradigma e gli conferisce una potenza originante esemplari inediti.
E il ritmo della partitura lo ribadisce .
In realtà la posizione sulla riva tra terra ed acqua stabilisce tre parti, una sopra la riva, la seconda sopra l’acqua, la terza sott’acqua. Esse definiscono, ciascuna, un modo della percezione. La quale, d’altra parte, verifica l’intreccio delle tre parti in connessione armonica, in quanto sequenze concatenate analogamente alla sequenza musicale di tre “voci”, come nella cantata. Perciò le tre parti, sulla riva, sull’acqua e sott’acqua, nelle vedute lungo il percorso, nelle circospezioni e nelle situazioni dell’uso, qualificano la percezione secondo precisi “orientamenti” d’attenzione in base ad un concetto sapiente del senso interno del tempo ed una invenzione competente nel modulare l’esposizione architettonica, che non è solo visiva, ma altresì tettonica e percettivamente tattile.
D’altra parte ritornando all’opposizione principale delle due parti l’una è un percorso nell’aperto della luce e dell’aria, che valorizza il paesaggio, le cui vedute da diverse angolazioni ed altezze, fino all’orizzonte dello skyline, riempiono gli occhi dei paesaggi di Helsinki. E, come una promende en plein air introduce alle debite soglie dei paesaggi interni. L’altra definisce uno spazio interno abitato sott’acqua, dove non c’è luce naturale. E, per di più, dove lo spazio da abitare con i circuiti che collegano i luoghi del tempo – che non sono solo funzioni – sono scavati, almeno in parte, nella massa liquida. E si verifica che gli altri – quelli non sotterranei e nell’acqua- sono anch’essi “scavati”, nell’aria. Verificano plasticamente, quindi, l’immateriale realtà di quell’idea di “sostanza della grandezza” che Cartesio chiamava spazio (identificandola con lui) poiché la pensava soggiacenza immateriale (ideale) di tutto: del trasparente aperto cielo e del chiuso cieco dei corpi e delle fabbriche.
Ho visto il concetto di Terragni. Nel Danteum. Quasi citato. Ho pensato alla cartografia di “Cannaregio”. Ad un confronto col maestro, Eiseman, soprattutto nell’operazione originale conseguente alla partitura seriale della superficie per intervalli disuguali. Che genera la torsione del corpo interno della fabbrica. Come di organi, benché innaturali o artistici. Dinamica avrebbero detto i futuristi.
Non mi dilungo.
“Lascio la parola” alle tavole. Esse “parleranno” al lettore che farà la sua “lettura architettonica”.
Ernesto d’Alfonso
Descrizione del progetto per il Guggenheim Museum Helsinki
Nel 1967 nell’introduzione dell’edizione italiana Architecture: essai sur l’art di Boullée, Aldo Rossi cita Essay on Paintings di Diderot: “Se avessi dovuto progettare la reggia di Luigi XV nel luogo stesso in cui si trova, avrei fatto in modo da non dover tagliare gli alberi. Avrei preferito che si potesse vivere nella profonda oscurità, tra le colonne di un grandioso peristilio.” Rossi commenta: ” La grande piazza di Diderot-Boullée, il colonnato immenso di questi monumenti urbani aperti sulla profondità del bosco fanno crescere e saldano il filo dell’architettura nel quadro generale che le è proprio; la natura, l’uomo, la costruzione della città.” Città e natura, avverse come la razionale griglia del centro storico di Helskinki al mare contenuto tra le banchine portuali: artificio e natura mediate dall’immaginazione. Il nostro museo, un doppio corpo, allineato alla griglia, riflette questa opposizione: una nuda cornice strutturale, con una rampa esterna su un lato, vicina al blocco esistente; sull’altro lato verso l’acqua un volume sospeso in legno leggermente spostato su un doppio telaio. Lo spazio nel mezzo, uno stretto vuoto, è allineato con Katariinankatu così che il nuovo Guggenheim Museum si trovi proiettato nella Senate Square. Al livello del mare, la nuda cornice e la rampa abbracciano una piazza pubblica, trasformandola da spazio esterno per le esibizioni in una vasca d’acqua per nuotare in estate e pattinare sul ghiaccio in inverno, attraverso paratie mobili. A quota +8.10 metri, la rampa aperta fa entrare i visitatori nel museo, organizzato come una promenade architecturale interna che inizia nel volume sospeso e scende con una scala mobile fino a un atrio sotterraneo, una gipsoteca e un patio ipogeo. Al livello + 8.10 m, invece di entrare nel museo i visitatori possono continuare il loro giro lungo la rampa esterna, vivendo l’esperienza di una promenade urbana per godere della vista dei monumenti e del paesaggio fino a una terrazza-giardino dove si trovano un ulteriore spazio aperto per le esibizioni, un bar, un ristorante e una terrazza panoramica. L’allineamento razionale della cornice con la griglia della città è contestato da due dettagli architettonici: lo spostamento secondario del volume sospeso del museo, che produce superfici incise sulle due facciate, rivelando al contrario la cornice sugli altri due lati; e la torsione interna degli elementi della cornice, più morbida nel cuore del volume e più rigida sulle facciate, caratterizzati da un aumento incrementale della loro distanza. Nè un approccio classico e autorevole, nè uno arbitrario e autoriale possono dominare la composizione architettonica e urbana. In riferimento ai vincoli del concorso, nè la condizione assoluta, nè quella di “sprezzatura”, come descritto da Manfredo Tafuri nel suo ultimo libro Ricerca del Rinascimento, possono prevalere.Il doppio corpo dell’edificio domina sia la città di Helsinki, in un inquadramento senza precedenti, sia il mondo dell’arte, architettura e design, offrendo esposizioni al chiuso e all’aperto: quello che sarà un nuovo simbolo per la città, incornicia a sua volta nuove e multiple immagini urbane e letture culturali.
Lorenzo degli Esposti
(traduzione dall’inglese a cura della redazione di Arc2Città)