Lo schizzo

Schizzo: “abbozzo buttato giù con pochi tratti essenziali…suscettibile di più ampio sviluppo, ma che può anche essere considerato compiuto in sé”

(definizione di G.Devoto)

 “Lo schizzo è il DNA dell’ idea”

(F. Purini)

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Michelangelo, studio di occhi

Strumento classico per un soggetto intuitivo

Nel mondo classico l’artista si forma con il disegno. Alberti (14) suggerisce agli architetti di delineare soggetti selezionati del mondo artificiale (le opere degne) e naturale (la natura e suoi intimi segreti) per formarsene un bagaglio da spendere in nel proprio lavoro.  Ma lo schizzo è classico per sua stessa natura, in quanto tende a risolvere l’oggetto nella sua totalità, seppure provvisoriamente, all’interno del nocciolo inventivo, eliminando ogni complessità al contorno, “in una sola bozza del tutto”.

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 Leonardo, studio di figure in lotta

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 Leonardo, studio sulla pianta centrale

“Gli schizzi […] chiamiamo noi una prima sorte di disegni che si fanno per trovare il modo delle attitudini, et il primo componimento dell’opera, e sono fatti in forma di una macchia e accennati solamente da noi in una sola bozza del tutto, e perché dal furor dello artefice sono in poco tempo con penna o con altro disegnatolo o carbone espressi solo per tenare l’animo di quel che gli sovviene, per ciò si chiamano schizzi.” (15)

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Palladio, Terme di Agrippa

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Stirling, galleria a Stoccolma

L’artista rinascimentale usa lo schizzo, i molti schizzi, per cogliere un’esperienza unica e irripetibile, allontanandosi dalla linea esatta, cifra della rappresentazione medievale, e dall’ applicazione di schemi derivati. Un’ approccio di definizione e affinamento delle forme fondato a livello teoretico, come osserva Gandelsonas, dal carattere qualitativo della “finitio”  albertiana.
Lo schizzo nasce come strumento per un soggetto intuitivo e come portato della nuova autonomia riconosciuta all’atto creativo.
E come strumento si trasmette ai moderni per un nuovo soggetto intuitivo che usa un lessico diffuso, al di fuori e oltre i domini sintattici tradizionali, e cerca una nuova sintassi.

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Siza, casa Duarte

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Siza, autoritratto

Alvaro Siza è un esempio di architetto che lavora intensamente con il disegno, lo “vive” come modo di pensare. In questo autoritratto, le mani grandi come la testa sono il punto focale del disegno. Mani e testa portano dentro il foglio, interamente visibile dietro il corpo trasparente.

“ La nozione di rappresentazione presuppone un medium trasparente e neutrale che permetta al referente di risplendere chiaramente. Ma il medium sostituisce sempre se stesso al referente, escludendo il reale messaggio comunicato a favore dell’immaginario, il mondo di invenzione interno al medium.” (16)

“In Le Corbusier l’architettura è definita solamente nei termini della presenza del soggetto, la sua bellezza ed organizzazione formale descritte come la funzione di un soggetto, stratificate in modo tale che il corpo, la dimensione dell’ immaginario e l’inconscio siano articolati all’interno della dimensione formale.” (16)

 

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  Le Corbusier, studio per Rio

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  Le Corbusier, Petite maison, Lac Lèman

 

“La mano fa la mente, la mente fa la mano”

(Focillon)

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Gehry, Hotel Vigna del Sol

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Gehry, modelli di studio per il Samsung Museum

In Gehry lo schizzo è complementare al plastico. Le sue figure sono leggere come scarabocchi perché sono impressioni di ciò che subito dopo andrà verificato con mano sul modello. L’abbozzo iniziale può nascere sia da un disegno che da una composizione di solidi elementari in cui è stato scomposto il dato di un programma funzionale.

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Eisenman, Wexner Art Center

Eisenman, l’anticlassico, rifiuta lo schizzo insieme al mito del genio individuale e disegna “solo oggetti già realizzati”, a partire da astrazioni come il cubo o dai segni che derivano dal palinsesto del territorio.
Tuttavia anche lui si avvale del disegno a mano, non foss’altro per il fatto che è il mezzo più immediato  e duttile per riflettere sul progetto.

Il disegno manuale è leggero, semplice, statico, sintetico, impreciso.
La grafica digitale è pesante, complessa, analitica, dinamica e precisa. Lavora dalla proiezione, per coordinate, figure elementari o immagini, opera mutazioni e produce simulazioni (un mondo che contiene un ossimoro: ciò che non esiste vuole apparire come reale: la “realtà” virtuale) .Ed essendo in grado di guidare e controllare con precisione algebrica il progetto attraverso la gestione parametrica della struttura, è anche uno strumento potente per tradurre in pratica gli assunti intellettualistici dell’operazione.
Il disegno è direttamente legato, tramite il corpo, alle regioni inconsce della psiche da cui promana l’iimmaginario, l’indefinito serbatoio a cui attinge l’immaginazione e che trae nutrimento dalle fonti percettive della realtà. Dispone di un medium limitato e di una tecnica tanto semplice quanto flessibile che implica riduzione del reale ed espressione individuale.
Ed è un modo per entrare in intimità con le cose. Lo schizzo ci costringe a rallentare per un esame ravvicinato, un approssimarsi all’oggetto che produce una materializzazione di pensiero.
Nondimeno il disegno computerizzato ha sgravato la mano dell’architetto dal lavoro di esecuzione concedendo più tempo per il disegno libero, e questo anche indipendentemente dal tipo di approccio, intellettualistico o scultoreo che sia.
In un certo senso lo schizzo torna centrale, in un modo ovviamente diverso da quello rinascimentale. L’orizzonte della mano contemporanea non mira all’armonia del creato e al mondo antico ma comprende un multiforme universo di immagini e possibilità, comprese le potenzialità della grafica digitale. La mano ha una sapienza che deriva dalla consapevolezza dell’ambiente e dai suoi gradi di libertà, perciò lo schizzo oggi ha un valore ancora più esplorativo all’interno delle nuvole culturali del mondo contemporaneo.  In questo senso oggi lo schizzo ruvido può essere un flessibile strumento per il pensiero della cosa.

 

La concezione è visiva

“La concezione è ovunque visiva…Il programma di un edificio è esso stesso costretto ad assumere la forma di un pattern visivo, se si vuole che i grezzi dati delle entità e delle quantità vengano applicati a una forma di organizzazione…tracciato spaziale.” (1)

Disegnare viene dal latino “designare”, in cui il “de” rafforzativo indica un più alto grado dell’azione “signare”, proprio nel senso di raffigurare in base a una scelta effettuata dopo aver attribuito senso alle cose. Non è quindi mai un’operazione puramente astratta perché svolta sempre nella consapevolezza di uno scopo e mediante la competenza di un ruolo (per esempio l’architetto).
La trasposizione su di un dispositivo visivo sembra essere un tramite essenziale per la concezione di un’idea. Il grafico, composizione puramente topologica, oltre ad essere una illustrazione schematica, è uno strumento creativo per chiarire i rapporti e le dinamiche dei concetti espressi, rendendoli visibili in forme o parole con pesi, posizioni e direzioni.
Anche a partire dallo scheletro, dalla traccia concettuale, il disegno non traduce semplicemente un discorso mentale, ma lo interpreta.

“Noi collochiamo sempre un concetto in una matrice strutturata…spazio semantico le cui dimensioni fondamentali sono polarità del tipo “buono e cattivo”, “attivo e passivo”, “forte e debole”. (5)

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Kahn, Existence

Kahn descrive l’individuo creatore di oggetti, composto da sentimenti e pensieri che formano un basamento “trascendente” e “non misurabile” sopra cui emerge la “realizzazione” (intesa come un sogno che può diventare realtà). Da qui una freccia segna il passaggio alla forma e alla sua irradiazione nel mondo del misurabile che da luogo al “design”.
Freud illustra la psiche umana come un contenitore senza un fondo definito, le radici dell’inconscio, e con un’insorgenza superiore, la sfera del conscio. Da notare il ruolo di ponte del super-io che collega inconscio e preconscio superando la barriera repressiva segnata con linea doppia tratteggiata e secante il termine centrale “EGO”(a immagine di come il represso incida drammaticamente sulla personalità).

 

Il segno è gesto

E’ necessario che il pensiero scientifico – pensiero di sorvolo, pensiero dell’oggetto in generale – si ricollochi in un “c’è” preliminare, nel luogo, sul terreno del mondo sensibile e del mondo lavorato così come sono nella nostra vita, per il nostro corpo, non quel corpo possibile che è lecito definire macchina dell’informazione, ma questo corpo effettuale che chiamo mio, la sentinella che vigila silenziosa sotto le mie parole e sotto le mie azioni.

Merleau Ponty, L’occhio e lo spirito.

E’ vero che ogni segno che tracciamo  viene in qualche modo prima pensato, ma è anche vero che è la mano a fare la figura. Per produrre un’immagine dobbiamo immaginarcela e ci affidiamo non solo ai dati che abbiamo in memoria e alla nostra personale percezione del reale, ma anche alle abilità che abbiamo appreso nel muoverci e fare cose con le mani.
Nella “danza” dei nostri gesti non abbiamo solo un strumento esecutivo, ma un mezzo sensibile che accompagna il processo cognitivo/creativo. Ed è  anche una questione di grazia: il miracolo della bellezza implica il lasciarsi andare, l’abbandonarsi alla danza.
Il disegno è un modo per entrare in intimità con le cose. Lo schizzo ci costringe a rallentare per un esame ravvicinato, un approssimarsi all’oggetto che produce una materializzazione del pensiero attraverso differenti  marcature, deformazioni, effetti di luce, texture, colore, taglio dell’inquadratura. L’aspetto corporeo, intrinseco nel disegnare, muove i nostri sensi e pone l’attore nella condizione di trarre qualcosa da sé medesimo, continuamente sollecitato a selezionare i propri gesti per trascriverla in modo approssimativo.
La mano libera la fantasia. I sensori della corteccia cerebrale in relazione con le mani sono ben più vasti di quelli relativi a tutto il resto del corpo. La scrittura, negli automatismi che presiedono ai milioni di micromovimenti necessari a vergare un testo, rivela le nostre attitudini psicologiche. La forma del corpo calligrafico ha un’origine inconscia, valutabile indipendentemente dal contenuto, prodotto della mente razionale. Nel disegno conscio e inconscio sono intrecciati, il contenuto non è separabile dalla forma e l’esito è molto più aperto, a volte inaspettato, data la possibilità di essere liberi da ogni codice. Sia come strumento di notazione che, ancor di più, come mezzo di invenzione, lo schizzo è work in progress aperto alla mutazione. Quale che sia il grado della rappresentazione, schematica o impressionistica, l’imprecisione del segno può aprire a nuove scoperte.

“Lo schizzo architettonico…è piuttosto un processo interattivo, che fissa un’idea iniziale e nel quale il segno suggerisce un’estensione di tale idea, che a sua volta si traduce in un segno modificato.” (10)

 Interazione tra i pensieri quasi inconsci del progettista e le forme, talora autonome, che assumono i tratti schizzati

(J. Stirling)

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Le Corbusier, progetto di chiesa a Saint-Pierre de Firminy

L’idea vive di molteplici influssi:  l’interno di Santa Sofia, i disegni per una chiesa a Le Tramblay, dove sperimenta la composizione di una pianta quadrata con un elemento verticale, la “chambre du tuè”, ambiente a sezione conica tipico dell’Alta Giura in Svizzera, territorio della sua infanzia.

Il piede misura, la mano fa, la vista detecta

E d’Alfonso

Non esistono impressioni sensoriali separate dai processi di elaborazione. Nei processi conoscitivi la mente scandaglia l’ambiente circostante ragionando per selezione, classificazione e differenziazione, attraverso ipotesi che necessitano di una qualche ulteriore esperienza per essere confermate o smentite.

“Per la nostra reazione emotiva una finestra può essere un occhio e una brocca può avere una bocca: è la ragione che insiste sulla differenza tra la categoria più ristretta del reale e quella più ampia del metaforico, sulla barriera che separa immagine e realtà.” (4)

Che il meccanismo della proiezione sia all’origine dell’arte è una teoria che risale all’Alberti.
Nel suo trattatelo dedicato alla scultura, il “De statua”, ci dice di ritenere che la prima immagine sia stata “vista” da qualcuno, per similitudine, in un oggetto naturale come un tronco o una roccia, e trasformata in rappresentazione attraverso il “considerare con la mente…esaminare…tentare” in un continuo studio e affinamento.
Tutto ciò ha prodotto per gli uomini un sapere che si è accresciuto nel tempo “sino a tanto che senza veder più nelle primiere materie alcuni aiuti di incominciate similitudini, esprimono in esse qual si voglia effigie…”.

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Gehry, lampada pesce

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Gehry, copertura a Bilbao

Gerhy è un bricoleur, per lui la manipolazione dell’oggetto ha un ruolo fondamentale. E la fantasia ha le sue inclinazioni: è verosimile pensare che la figura ricorrente del pesce sia in relazione alla sua predilezione per le superfici incurvate.

 

Schema e scoperta

Per me il quadrato è una non scelta

(L. Kahn)

 “Qualsiasi cosa si faccia dovremo sempre cominciare da certe linee o forme convenzionali. L’egizio che è in noi può essere represso ma mai totalmente sconfitto(…), sta a significare in ultima analisi lo spirito attivo, la ricerca del significato.” (5)

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La “Realization” è il disegno della forma al livello più astratto (quadrato e cerchi concentrici) e risponde a domande di carattere generale. Il “first design” è la traduzione letterale dell’assunto in un disegno architettonico, a cui segue un processo di revisione della forma per scomposizione e ricomposizione fino al design finale: il blocco della scuola si decentra, si scompone e si riaffianca all’auditorium secondo considerazioni più circostanziate.

 “Quando la visione dominante che tiene assieme un periodo della cultura si incrina, la coscienza regredisce in contenitori più antichi, cercando fonti di sopravvivenza che offrano anche fonti di rinascita…il guardare indietro ravviva la fantasia dell’archetipo del fanciullo, fons et origo, il quale è sia il momento dell’inerme debolezza sia il dischiudersi futuro…Noi ritorniamo alla Grecia allo scopo di riscoprire gli archetipi della nostra mente e della nostra cultura…Arretrando nel mitico, in quello che è non-fattuale e non-storico, la psiche può reimmaginare quelle che sono le sue difficili situazioni fattuali e storiche da un diverso e più vantaggioso punto di vista.” (6)

Il disegno è uno strumento primitivo, semplice, limitato, che impegna l’immaginazione da un lato a ridurre il reale in pochi tratti, dall’altro a espandere e condensare le nebulose della fantasia. Il disegno è per sua natura legato alla dimensione archetipica, alle sue figure universali. Astrazione e arretramento nel mitico sono distanziamenti creativi dalla realtà storica e fattuale per tornare ai fondamenti dell’immagine.
Il disegno favorisce questo processo di arretramento per la visionarietà (riavvicinamento al nucleo dell’immaginario per fantasticare e reintrodursi meglio nel reale). Per l’artista è un lavoro psichico di discesa alle radici, all’inconscio; al fondo di se stesso, ma rivolto a ciò che è sovrapersonale e che irradia fantasticamente dalle fonti percettive.
Dopo un’ascesa intellettuale fatta di operazioni consapevoli e di esperienze, c’è la necessità, nel processo creativo, di dimenticare, o meglio di mettere in sospensione i legami razionali e la propria soggettività egoica, per ascoltare con il cuore l’anima delle cose.

 

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Klee, Timider brutaler

2017.05.19_il disegno a mano libera_picasso-papier-dechirèPicasso, papier dechirè

In questo quadro il “puer ludens” è la figura retorica per l’immaginazione. Klee diceva di essere riuscito, alla fine, a disegnare come un bambino. Picasso trova un volto strappando un pezzo di carta. La visione incantata alimenta l’immaginazione, disinibisce il patrimonio libidico-emotivo. Un bambino è senza “cultura”, si lascia “ingannare” dalle apparenze a scapito dei concetti e,ponendosi al di sotto delle convenzioni, ne fa un uso a-convenzionale.

 

2017.05.19_il disegno a mano libera_LC_garches_Immagine10-254x300Le Corbusier, villa a Garches

Il confronto tra i due prospetti della villa a Garche, uno dei primi e uno degli ultimi, mostra come l’invenzione sia partita da una convenzione, la trasgressione da una regola (una facciata simmetrica con basamento e coronamento)

L’intuizione

In ogni cominciamento l’intuizione ha un ruolo catalitico: la scintilla che attiva le associazioni e fa risuonare immagini sedimentate nella memoria profonda.
Nella fantasia la grammatica di soggetto e oggetto allenta la presa, decadono i dualismi, i rapporti si fanno sciolti e prende luce il fenomeno per come è nella sua identità unica e irripetibile.

“…l’atto poetico non ha passato, almeno non ha un passato vicino, lungo il quale sia possibile seguire ciò che lo prepara, la usa stessa epifania.Il rapporto fra un’immagine poetica nuova ed un archetipo assopito nelle profondità dell’inconscio non è propriamente causale. L’immagine poetica non è sottomessa ad alcun impulso, essa non è l’eco di un passato ma è piuttosto il contrario: attraverso una folgorante immagine il passato lontano risuona di echi, e no si riesce a cogliere fino a quale profondità tale echi si ripercuoteranno e si estenderanno. Nella sua novità, nella sua attività, l’immagine poetica possiede una propria essenza, un proprio dinamismo, dipende da un’ontologia diretta” (7)

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Le Corbusier, Convento a La Tourrette 2017.05.19_il disegno a mano libera_LC_sch.-monte-Athos-852x1024

Le Corbusier, schizzo del Monte Athos 

Nel convento a La Tourette risuona la veduta di un convento sul monte Athos, con le celle ai piani superiori, vigorosamente tracciata da Le Corbusier tempo prima in uno dei suoi viaggi.

“intuire significa rinunciare al controllo della mente razionale per affidarsi alle pre-visioni dell’inconscio. Forse perché nell’inconscio non esiste autocensura e le idee, affrancate dal retaggio della fissità funzionale, sono libere di combinarsi in associazioni improbabili quanto promiscue”.(8)

 “le idee e l’algebra delle idee può darsi che sia una strada che porta alla conoscenza, ma l’arte è un altro mezzo di conoscenza le cui strade sono assolutamente altre, sono quelle della visionarietà(…) è quando la visionarietà si spegne che appaiono le idee e il pesce cieco delle loro acque: l’intellettuale” (9)

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Le Corbusier, Chapelle de Ronchamp, primo schizzo

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Le Corbusier, Chapelle de Ronchamp, planimetria 

In questo “tempio dedicato alla natura”il primo schizzo comincia con il muro curvo a sud,, quello che abbraccia l’altare esterno, posto in contrapposizione a una radura, una curva dentro una curva più grande, grotta in una grotta. La complessità dell’immagine, nei suoi molteplici aspetti, scaturisce da questo gesto inaugurale che viene rimarcato e ispessito. Il muro cresce, abbraccia, spinge, DNA di un impianto spaziale che attira il visitatore verso un movimento circolare: dall’accesso dell’area all’ingresso, e di qui al lato sud, con l’altare rivolto a una radura al cui fondo una piccola piramide chiude e sospinge impercettibilmente lo spazio verso il muro concavo.

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Ando, Tempio sull’acqua

Un segno sintetico, lavorato con ispessimenti di certe linee che vengono ripercorse; vero e proprio strumento per pensare e sentire lo spazio in uno stile moderno-minimale di matrice euclidea. Sembra palpabile un certo “furore”, una ricerca di soddisfazione sensuale, come in certe tavole di Zaha Hadid, sebbene con tutt’altro lessico.

 

Il lavoro psichico tra realtà e fantasia

La stabilità e l’elasticità del ponte che collega l’area delle pulsioni con quella dei pensieri di rappresentazione è la garanzia che permette di fantasticare senza perdersi. Il trauma dell’iperbole è rappresentato dalla caduta di Icaro, il figlio di Dedalo, che perde la misura del mezzo, si esalta e lo spinge al di là di ciò per cui è stato ideato.
Forse è possibile dire che il disegno come atto corporeo / emotivo può aiutare a praticare questo ponte, la catena cinetica di conscio e inconscio, un tracciato per le nostre emozioni filtrate dalle nostre determinazioni.

“Il costituirsi di una dialettica fra “realtà” pulsionale e fantasia, fra impensabile dell’Es e processi primari e secondari di pensiero dell’Io, dialettica che sottende un apporto fantasmatico, è necessario al costituirsi del simbolo, all’uso della metafora e alla vita stessa…. Il ponte fantasmatico fra l’area della pulsione e dell’inconscio in conoscibile e quella del pensiero delle rappresentazioni di cosa e poi delle rappresentazioni di parola ricche da un punto di vista libidico-emotivo è il garante effettivo del collegamento e, contemporaneamente, della differenza. Il ponte rischia di crollare nel caso in cui affondi troppo le sue fondamenta da una parte a scapito dell’altra, cioè troppo nella “realtà” (metafora del trauma della seduzione, opzione eccessiva per il concreto) o troppo nella fantasia (metafora della seduzione del trauma, iperbole della metafora). Se invece l’edificazione di un elastico “ponte” è argomento certo dentro di sé, è possibile anche non percorrerlo in alcuni casi: attingendo momentaneamente solo alla fantasia, senza avere paura di smarrire il rimando al mondo esterno, o solo alla realtà esterna senza il timore di perdersi. In altri casi, impersonando il ponte, diventa possibile temporaneamente restare “sospesi” nel vuoto (ideativo, affettivo, oggettuale), senza il terrore di “cadere nel vuoto”. (3)

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Siza, Università a Porto

“Ogni mio disegno vorrebbe cogliere con il massimo rigore un momento concreto di un’immagine fugace in tutte le sue sfumature; nella misura in cui si riesce ad afferrare questa qualità sfuggente della realtà, il disegno scaturirà più o meno chiaro e sarà tanto più vulnerabile quanto più è preciso.” (4)

Nella sua ricerca, ricchissima di disegni, affiorano figure fantastiche, divagazioni  che danno corpo agli orizzonti  dell’immaginazione. In una veduta dei tre edifici per insegnanti, dottorati e studenti, Siza disegna tre figure, tre teste: un capro, una donna, un cavallo. Il cavallo guarda avanti a sé, la donna gli rivolge lo sguardo di sbieco, il capro gira la testa verso il cavallo. Una metafora di sapore mitologico si riflette nella fisionomia dei singoli edifici.

 

Rappresentazione di cosa e di parola

 “Se, come dice Freud,la pulsione ci appare come una misura delle operazioni richieste alla sfera psichica in forza della sua connessione con quella corporea”, allora  è il lavoro psichico che conduce alla  rappresentazione, secondo il tragitto pulsione – rappresentante psichico – rappresentazione di cosa –  soddisfazione allucinatoria del desiderio – differenza percezione-allucinazione – riconoscimento dell’oggetto esterno – apprendimento del linguaggio – rappresentazione di parola.” (11)

C’è un nucleo primordiale costituito da un patrimonio di pulsioni da cui parte il lavoro psichico che porta alla rappresentazione. Tale nucleo è inconoscibile per definizione e innesca lo sviluppo psichico e il processo cognitivo attraverso l’esperienza del mondo a partire dal rapporto, fondativo, con la madre.
Se ciascun evento è oggetto dell’immaginazione in quanto realtà psichica, avente anima e volto, il disegno può avere una funzione  liberatoria: mentre un’emozione incontenibile porta al caos e alla paralisi, riuscire a comprenderla in un’immagine porta ad un nuovo livello di consapevolezza.

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disegno di Steinberg

“Anima mundi indica le possibilità di animazione offerte da ciascun evento per come è, il suo presentarsi sensuoso come volto che rivela la propria immagine interiore: insomma la disponibilità di ciascun evento a essere oggetto dell’immaginazione, la sua presenza come realtà psichica.”

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Kahn, schizzo per Philadelphia

Disegno e testo sono costruiti sulla metafora dei percorsi d’acqua. I flussi di traffico, che solitamente vengono segnati in planimetria, sono inseriti in un paesaggio come un’animazione. Da notare come la semplice inversione del contrasto renda le frecce bianche ( i canali, le vie) più lente di quelle nere (i fiumi, le strade).

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Koolhaas, concept e schizzo per la Biblioteque de France

Un segno rudimentale per una disinibita regressione nel banale. Il primo disegno è metaprogettuale: Ambienti irregolari inseriti su una trama regolare (un fondo a righe orizzontali). Dopo aver sondato a livello generico il procedimento formale, Koolhaas cerca parole per raffigurare i diversi spazi collettivi all’interno della struttura, nomi che orizzontino l’immaginazione nel trovare loro una forma e una posizione. Si comprendono meglio le sale di spettacolo al livello interrato se si pensa all’immagine dei ciotoli nel sottosuolo, così come  il fatto che la spirale e il loop vengano posizionati nella parte alta del cubo.

“Il mondo esiste in forme, colori, atmosfere, qualità tattili: un’ostensione di cose che si autorappresentano. Tutte le cose mostrano un volto, il mondo essendo non solo un insieme di segni in codice di cui decifrare il significato, ma una fisionomia da guardare in faccia. In quanto forme espressive, le cose parlano; mostrano nella forma lo stato in cui sono. Si annunciano, testimoniano della propria presenza: “Guardate siamo qui”. E ci guardano, indipendentemente da come le guardiamo noi, dalla nostra prospettiva, da ciò che vogliamo fare di esse e da come di esse disponiamo. Questa immaginativa richiesta di attenzione è il segno di un mondo infuso d’anima. Non solo: a sua volta, il nostro riconoscimento immaginativo, l’atto fanciullesco di immaginare il mondo, anima il mondo e lo restituisce all’anima”. (9)

 

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Holl, Bottles of light, Cappella S. Ignatius

Il disegno è metaprogettuale, ma presenta anche una riflessione subito architettonica: gli invasi a sinistra tendono al verticale, a partire dal cilindro quasi regolare più chiaroscurato; verso destra invece si piegano, come poi accadrà per  il disegno finale.

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Gehry, edificio a Praga

Ginger e Fred: il nome ha dato un tema alla struttura composta da due corpi verticali e una cortina.  L’immaginazione spaziale nel plasmare plasticamente procede secondo criteri di apertura/chiusura, compressione/espansione, attrazione/repulsione, eccetera…Contemporaneamente lavora l’immagine fantastica dei due ballerini con tutto il suo carico affettivo. Ginger balla  flessuosa nel suo vestito, la membrana di vetro con la sua base di pilastri incurvati,  “danzanti”, che formano un portico di ingresso; Fred porta, è il perno della composizione tra Ginger e la parete che sfila da lui come un manto su cui galleggiano le finestre nelle riseghe ondulate della facciata, evocazione del fiume.

 

Il disegno come atto emotivo

L’emozione fissa l’immagine. La forza di un’immagine è legata al suo senso emotivo, alle circostanze pratiche e psichiche in cui si è prodotta. O meglio, la radice emotiva permette all’immagine di operare nell’immaginazione, la rende capace di far risuonare le profondità dell’essere e di produrre nuove immagini.

Memoria è conoscenza perché affascina, perché trattiene un momento di immaginazione…è oblio del sapere del mondo e apertura all’esperienza.

E. d’Alfonso

L’immagine vivida si inscrive nella memoria come nuova scoperta e viene ritrovata e rinnovata, secondo il principio di economia delle risorse dei processi di mnesi, per un ulteriore livello di conoscenza.
Il disegno e la manipolazione coinvolgono in modo diretto la sfera emotiva, spingono a una visione personale, alla modificazione dell’immagine. Permettono, mano a mano, di prendere possesso dell’oggetto per immetterlo nelle maglie deformanti dell’immaginazione.

“La novità dei disegni di Rossi sta nel fatto che le architetture diventano oggetti fluttuanti in  uno spazio mentale, accuratamente ombreggiati, in molti casi con tratti paralleli incrociati che potrebbero ricordare le incisioni di Morandi, se non vi apparisse, come nota dominante, un drammatico dissesto spaziale per cui ogni forma segue leggi prospettiche differenti e la molteplicità dei punti di vista, simula il tempo sincopato della riflessione interiore.” (2)

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Rossi, disegno a china

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Rossi, schizzo di prospetto per il Gallaratese

Nello schizzo di progetto, con grande lucidità, Rossi definisce in pochissimi tratti i rapporti delle campate. Non sembra un disegno esplorativo, ma la trasposizione, per una sommaria verifica, di un elemento già chiaramente delineato nella sua mente. Le sue visioni fantastiche, invece, immettono le forme nei paesaggi interiori dell’immaginario, quasi con la naturalezza di un bambino alle prese con un gioco di costruzioni; un ostinata riproduzione e ridislocazione di immagini primarie. Le figure di Rossi hanno una grevità sovraumana, e al tempo stesso sembrano fluttuare nello spazio.

Ma come il disegno non deve solo rappresentare la realtà, così non può rappresentare l’inconscio: è sempre un operazione mediata dal fare e dall’imitare, un linguaggio articolato operante in uno spazio semantico la cui pratica e conoscenza possono arricchire e velocizzare i pensieri sulla forma. Se devo disegnare una sedia è probabile che la mia conoscenza dei tipi, delle tecniche e la padronanza di uno schema rappresentativo mi permetteranno di sondare velocemente, come in un brain storming, diverse direzioni e varianti. Come del resto se voglio disegnare una curva, specie se non regolare, dovrò in un certo senso sentirne la tensione per raggiungere l’effetto desiderato.

 

Dal semplice al complesso

Per creare una spazialità complessa è necessario procedere per gradi: l’immaginazione spaziale va acquisita.

Un sistema arbitrario di segni, deve permettere l’analisi delle cose nei loro elementi più semplici; deve scomporre fino all’origine; ma deve altresì mostrare come le combinazioni di questi elementi sono possibili e permettere la genesi ideale della complessità delle cose.

(Foucault)

“…la complessità dello spazio creato dall’architettura è in parte quella che gli psicologi chiamano una questione evolutiva. Lo spazio tridimensionale è direttamente dato alla mente solo nella sua estensione più rozza, attraverso la quale occorre gradualmente concepire un più sottile e reciproco gioco di dimensioni. Le concezioni spaziali iniziali sono pertanto semplici.”(1)

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Leonardo, studi su chiesa a pianta centrale

Leonardo sviluppa il rapporto tra cappelle e ambiente centrale con la grande cupola. Il disegno sembra procedere da sinistra a destra: la prima veduta, legata al testo, è quella disegnata con più precisione; le seguenti sono più rapide, meno definite. Le prime due piante hanno un disegno architettonico, mentre quelle in basso sono esplorazioni schematiche dei due temi precedenti.

Tuttavia il processo creativo non è lineare, e spesso a un inizio laborioso segue una semplificazione che elimina complicazioni inutili mediante rapidi tagli e l’affinamento dei mezzi.

“Più spesso il processo creativo si muove alquanto casualmente, avanti e indietro, tra visioni di assieme e analisi delle parti”(1)

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Siza, centro meteorologico a Barcellona

Il quadro sinottico che comprende vista di insieme, interni e particolari, conferisce un valore multidimensionale alla semplice somma delle singole vedute.

 

Immaginazione e immaginario

Come esistono universali della ragione, in base ai quali possiamo classificare, distinguere e fare un ragionamento, così esistono universali dell’immaginario, modelli e luoghi (primari, legati alla natura umana, e mediati,  da immagini letterarie o proiezioni di altro tipo) dai quali procede la nostra psiche nel dispiegare la fantasia.

“L’immaginazione è sempre considerata la facoltà di formare immagini, invece è piuttosto la facoltà di deformare le immagini offerte dalla percezione, di liberarci dalle immagini immediate; è soprattutto la facoltà di modificare le immagini. La parola fondamentale corrispondente all’immaginazione non è immagine ma immaginario. Il valore di un’immagine si misura dal grado della sua radianza di immaginario. Grazie all’immaginario, l’immaginazione è essenzialmente aperta, evasiva. Nella psiche umana è l’esperienza stessa dell’apertura e della novità. Determina la psiche umana più di qualsiasi altra cosa.” (7)

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Rossi, cimitero di Modena

Dopo la visita a un museo osteologico, Rossi rimane folgorato dall’analogia scheletro – rudere che si traduce nella pianta a lisca di pesce del cimitero.

 “…per percepire in modo penetrante dobbiamo immaginare, e per immaginare in modo accurato dobbiamo percepire con i sensi” (9).

Il disegno è un mezzo per l’immaginazione e la percezione, uno strumento per coltivare la qualità metaforica dell’espressione percettiva. Il più disponibile per la relazione tra attività pratica è pensiero.

“La più importante virtù cognitiva di una civiltà consiste probabilmente nella relazione operativa fra l’attività fisica pratica e il cosiddetto pensiero astratto. Per contro, la sua vita mentale si frantuma se il significato del camminare, mangiare, pulire, dormire, esplorare e far cose si riduce al profitto fisico e materiale che da questa attività si può trarre, e se, d’altro canto, il principio in base al quale noi comprendiamo la natura delle cose e regoliamo la nostra condotta si riducono a concetti intellettualmente definiti, che non ricavano più alcun beneficio dalle loro fonti percettive. Per l’architetto ciò significa che, a misura che egli riesce a rafforzare le radicate connotazioni spirituali intrinseche a tutti i semplici aspetti della domesticità, contribuisce a sanare una frattura esistente nella nostra civiltà. E ciò gli è possibile coltivando le qualità espressive nelle forme che inventa.// L’artista, l’architetto, si preoccupa in primo luogo della vasta qualità metaforica dell’espressione percettiva.  I simboli non potrebbero affidarsi alle qualità espressive dell’esperienza sensoriale se questa non avesse, nella pratica quotidiana, ipertoni metaforici.// I simboli più possenti derivano dalle sensazioni percettive più elementari, in quanto si riferiscono alle fondamentali esperienze umane da cui tutti gli altri dipendono. (1)

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Kahn, tempio a Karnak

La composizione dello schizzo come problema di progettazione: studio degli effetti di luce nel monumentale:

 “Non c’è alcun valore nell’imitazione perfetta…Nei miei schizzi cerco di non essere completamente asservito al soggetto, tuttavia lo rispetto e lo considero come qualcosa di tangibile e di vivo dal quale traggo le mie sensazioni. Ho imparato a non considerarlo come l’impossibilità fisica di muovere montagne e alberi, o di cambiare cupole e torri secondo il mio gusto. Cerco di sviluppare una composizione e di ogni schizzo cerco un suo proprio valore, lo stesso valore che potrei dare a un problema di progettazione. Fare uno schizzo in questo modo richiede, naturalmente, lo sviluppo di numerose impressioni e note “sul campo … Devo poi lasciare da parte tutto questo, al fine di realizzare l’immagine nella forma di un progetto leggibile.” (10)

 

Silenzio e tempo

Se la condizione del mondo globalizzato, il mondo accelerato dei flussi elettronici, pervaso dalle logiche, talvolta brutali o perverse, dell’economia, tende a premiare il modello di una mente adattiva e flessibile, e se del resto, da un punto di vista intellettuale, sembra necessaria una visione olistica dei fenomeni, non si deve dimenticare che l’atto creativo è spesso il frutto delle inclinazioni ostinate di una mente che si prende il tempo di andare a fondo in un punto (il genio è sempre un po’ maniacale).

Like a long-legged fly upon the stream
His mind moves upon silence.

Come sul fiume un insetto dalle lunghe zampe
La sua mente si muove sul silenzio.

(Long-legged fly – W. B. Yeats)

Silenzio interiore, concentrazione della psiche. Nell’epoca dell’inversione del rapporto figura sfondo è forse anche più necessario sapere ritagliare uno spazio di silenzio dove operare liberamente con la fantasia,  farla viaggiare leggera sopra il corso delle cose, sollevando i pensieri dalla spietata concretezza del reale, ma senza smarrirne il senso.

“Concedere tempo alle oscillazioni dell’immaginazione in costruzioni fragili e precarie significa anche sottrarsi alla preoccupazione dell’immagine-mercato, che tende a precedere anziché seguire la costruzione della forma, per indagare i fondamenti dell’immagine.” (13)

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Terragni, casa del fascio

Il prospetto di studio della casa del fascio, nella sua schematicità e leggerezza, nasce da una cesura che ha fatto tabula rasa dei primi tentativi vagamente in “stile”.

 

Disegno e desiderio

La parola “desiderio” viene del latino desiderium, composto di “de” e “siderium”, la dimensione celeste.
La voglia di delineare un futuro nasce dall’aspirazione a qualcosa di nuovo.
Di-segnando noi cerchiamo di tracciare una via attraverso il labirinto, e questa ricerca non avrebbe vita senza il potere di Afrodite. L’espressività di un disegno da una conferma al percorso che stiamo seguendo; la sua macchinosità o la  sua incoerenza  ci dicono che siamo di fronte a un “signo fallito” e che dobbiamo cambiare strada. In ogni caso l’operazione va svolta, l’opzione va sondata fino in fondo, il disegno va ultimato per essere giudicato.
Il disegno è un modo per entrare in intimità con le cose. Sia esso l’avvicinamento ad un oggetto che osserviamo (e scopriamo imprimendolo nella memoria), o ad uno che vogliamo inventare, lo schizzo ci costringe a rallentare per un esame ravvicinato, a tu per tu, che si risolve in una materializzazione (precaria) del pensiero.

 “La bellezza è una necessità epistemologica; l’aisthesis è il modo in cui noi conosciamo il mondo. E Afrodite è la nudità delle cose mentre si mostrano all’immaginazione sensuosa…ciò che intendo per risposta estetica è qualcosa di più vicino, semmai, a un senso animale del mondo: un avere naso per la visibile intelligibilità delle cose – il loro suono, odore, forma, che parlano con e attraverso le reazioni del nostro cuore, un rispondere alle fattezze, alla lingua, ai timbri e ai gesti delle cose in mezzo alle quali ci muoviamo…” (9)

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Hadid, Philarmonic Hall in Lussemburgo

Un segno di grande carica emotiva, fatto di tracce, campi sfumati, ispessimenti, per definire sensazioni di spazio in immagini aperte.  Hadid parte da un disegno dove delinea gli oggetti ad un livello molto astratto, per poi affidare alla computer grafica lo sviluppo  concreto e il controllo del suoi progetti.

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Kooolhaas, torri a Lille

Koolhaas compie un rapido e metodico sondaggio formale per le sue torri. Nelle prime due righe il tema è  un elemento con linee spezzate, nelle altre è l’incastro di due elementi. Gli schizzi sono in sequenza logica, legati da rapporti di variazione o di opposizione. Si può inoltre osservare come dalla semplice e simmetrica figura iniziale poggiata al suolo segua poi una sempre maggiore attenzione  alla sezione del basamento.

 

 Il disegno a memoria: la riproduzione delle idee

“E’ buona cosa spingere l’idea fino a uno stato di estrema purezza…la semplicità deriva dalla ricchezza, dall’abbondanza, per scelta, selezione, concentrazione.” (17)

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Le Corbusier, prima stesura del Modulor (“a bord du cargo”) 

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Le Corbusier, schizzo dei 4 modi della villa

Il disegno a memoria è un mezzo per liberare la fantasia perché riduce la forza repressiva del dato reale, o meglio lo semplifica per dare spazio alle ragioni della nuova cosa
Una volta realizzato un collegamento e trovata un’idea, questa viene continuamente rielaborata attraverso tentativi di rappresentazione. Questo vale naturalmente, e a maggior ragione, per il lungo tempo. Le idee vengono da lontano e spesso arrivano all’improvviso.
Fu mentre compiva una traversata oceanica che Le Corbusier ebbe l’intuizione del Modulor.
Durante una tempesta insistette nel chiedere e ottenne di usare per qualche ora la cabina del capitano, evidentemente l’unico spazio che lo avrebbe messo in condizioni di disegnare con un minimo di agio. Faccio solo una supposizione, ma che mi sembra molto plausibile: lo immagino a sostenersi dentro lo spazio minimo di una cabina passeggeri, tastando le pareti, i piani , il soffitto mentre la nave beccheggia, e in quel momento avere la folgorante associazione tra la figura umana con il braccio alzato fino al plafond e il doppio quadrato.
Ed è solo dopo numerose riflessioni e discussioni sull’abitare Le Corbusier disegna, su un tovagliolo del ristorante dove era con il cugino, la sezione della Unitè d’Abitation. Così come  solo dopo vent’anni di lavoro può concentrare in uno schizzo i quattro modi di progettare una villa.

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Kahn, convento per le suore Domenicane

Il tema come germe dell’idea: La disposizione accidentale dei cinque corpi trova soluzione nel contrapporsi alla regola di un tipo tradizionale a “C”. I corpi disassati vengono studiati dapprima in sequenza lineare, e solo dopo l’introduzione del’edificio a “C” si raggruppano centralmente. All’inizio i padiglioni e il corpo longitudinale si muovono in libera contrapposizione; poi subentra l’impianto a “C” con la corte rettangolare che nel disegno 4 viene suddivisa in sei spazi quadrati. Da questa rimisurazione riparte quindi il dissesto che produrrà il disegno finale.

 

Lo schizzo per illustrare

 Tre esempi di disegno a mano di Koolhaas eseguiti su una base cad elementare:

 

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Questa veduta isometrica animata, fatta di textures e figure stilizzate, “dimostra” la vita del progetto nelle sue fasce tematiche, in una rappresentazione simultanea di planimetria e alzato, come negli schizzi di città nel medioevo.

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Koolhaas, progetto Transferia

Il tema è il grande insediamento lungo i nodi infrastrutturali delle aree perturbane.
Forse anche per il carattere futuristico dei progetti, queste vedute a volo fatte solo di linee ricordano certi paesaggi fantascientifici di Moebius.

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Koolhaas, municipio a L’Aja

Qui riecheggia l’opera di H. Ferris e delle sue vedute metropolitane, illustrate in “Delirious New York”.
Il colore e la luce definiscono i lineamenti delle tre cortine di volumi. Il colore nella vista tre quarti rende la profondità; per lo scorcio dal basso è sufficiente  l’ombra. L’economia dei mezzi fa emergere gli aspetti salienti dell’oggetto.

Davide Scarani

 

 Bibliografia

1 – R. Arnheim “Dinamica della forma architettonica”
2 – P. Belardi,” Brouillons d’architects”
3 – J. Ackerman “Architettura e disegno, la rappresentazione da Vitruvio a Gehry”
4 –  Gombrich, “Arte e illusione”
5 – Dubuffet, “L’art brut preferè aux arts culturels”, 1949
6 – J. Hillman, “Saggio su Pan”
7 –  Bachelard, “La poetica dello spazio”
8 – Portoghesi in “L’architettura disegnata” AA VV
9 – J. Hillman, “L’anima del mondo e il pensiero del cuore”
10 – L. Kahn, “Rassegna”, anno VII, 21/1 Marzo
11 – Racalbuto, “Tra il fare e il dire”
12 – Frampton “Alvaro Siza tutte le opere”
13 – Gregotti, in Casabella n° 570, 1990
14 – D. Samsa, “L’Alberti di Wittkower” in Albertiana vol. VI 2003
15 – Vasari, “Della Pittura”
15 – Le Corbusier, “Precisazioni”, V lezione
16 – Gandelsonas “Dalla struttura al soggetto: la formazione di un linguaggio architettonico”
17 – Le Corbusier, V lezione di “Precisazioni…”


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