Il primato dell’immagine vuol forse affermare il primato dell’immaginazione creativa sulla memoria?
L’arte della memoria.
Frances Yates
Vorrei allora iniziare con una dedica scongiuratoria. Giacché apprezzo la immaginazione creativa non la voglio contrapporre alla memoria. Perché penso siano sinergiche. Voglio dedicare questo discorso a L’arte della memoria. E a Frances Yates che scrisse il libro. E rivelò, il valore delle Imagines Agentes, il parto delle muse, figlie tutte della memoria. E lo fece mentre rammemorava una tecnica del sapere antico ascendente a Simonide di Coo, Aristotele, Cicerone, Dante, Shakespeare. Contribuendo così alla articolazione del sapere, nel più importante laboratorio del XX secolo sulle immagini, studiate nel rapporto con il sapere, l’immaginazione e la memoria. Parlo della fondazione Warburg, nel suo momento inglese, per l’emigrazione dalla Germania a causa delle leggi razziali. In Inghilterra, infatti, si determinò il momento più fertile dell’approfondimento e diffusione nel mondo, e negli Stati uniti in particolare, di quella potente elaborazione del pensiero in cui lo studio delle forme simboliche di Cassirer si coniuga con quelli di Panofsky, Wittkover e Colin Rowe. I quali ultimi, come architetti, ci riguardano più da vicino, perché hanno a tema la musica architettonica e la sintassi da Alberti a Palladio. Dei quali Rowe, poi, seppe vedere la modernità, oltre il Bauhaus, oltre Le Corbusier. Avviò, infatti una fertile posterità al movimento moderno, attraverso Heduk ed Eisemann, il quale come si è detto portò a compimento la “rivoluzione” moderna dei procedimenti progettuali in architettura, come ebbi occasione di dire altrove.
Non mi dilungo.
Con questo avvio ho voluto solo manifestare il tono dell’approccio al tema: la pubblicistica on-line che sostituisce la pubblicazione cartacea. Devo però sottolineare che al centro del discorso sarà un problema sul tempo, tra tempo interiore e tempo mondano. Perciò fin dall’inizio accenno alla differenza di intonazione nel trattare la questione del tempo spazio nella tradizione e nella modernità, dicendo che se il problema classico era la contraddizione tra coesistenza e successione, quello attuale è tra simultaneità e diacronia nel modo peculiare della telematica per cui si è in linea o in comunicazione simultanea con ogni parte vicina o lontana dovunque nel mondo, mentre l’incontro di persona esige la diacronia dei viaggi con veicoli a diversa velocità.
Così cambia la percezione della situazione d’esistenza (memoria immediata) per l’immaginazione nel pensare l’azione. Cambia la percezione di sé nel mondo e del mondo geografico per il sé.
E cioè cambia:
1. Nell’ “uso” “spregiudicato” del “ sé interiore” e del corpo.
2. Nel modo inedito di concepire la geografia e di progettarne l’esplorazione.
3. Nella spettacolarizzazione della vita quotidiana.
4. Nella confronto inedito tra gli stili di vita e di conoscenza/comunicazione delle diverse regioni.
Qui mi arresto. E comincio dalla parola chiave del titolo:
On – line, pubblicistica d’architettura, arcduecittà.
1.
ON-LINE. Una rivoluzione del comportamento soggettivo, una mutazione nella strutturazione delle città nei territori.
1.1 On-line.
Il termine inglese significa essere in contatto con/entro la rete Web sempre, ovunque.
Cioè essere simultaneamente, continuativamente e senza alcuno scarto temporale, in contatto con tutti i siti dei continenti in cui vi sia lo schermo di un apparecchio acceso.
In altre parole il sito dell’apparecchio acceso davanti al quale siamo seduti è in una prossimità telematica assoluta con tutti i server cui si collegano tutti gli apparecchi distribuiti in tutti i siti di tutti i continenti. A questo azzeramento della distanza temporale nella comunicazione telematica, corrisponde una distanza reale minore o maggiore fino alla contiguità o alla lontananza estrema per cui la misura metrica o spaziale non ha perso di valore. E si misura, piuttosto, in ore, minuti, secondi, e non in metri e chilometri. Peraltro sono diversi i tipi di trasporto ed il loro standard di velocità cosicché la distanza temporale dalle mete verifica equivalenze temporali tra luoghi a distanza molto diversa appunto in base al tipo di trasporto (bicicletta, automobile, tram, treno aereo …). Da cui deriva il concetto di distanza temporalmente equivalente tra diverse distanze che attraverso mezzi di trasposto diversi sono raggiungibili nello stesso tempo.
Memoria e immaginazione si sono compenetrate per impadronirsi a fondo di questo dato di fatto, cui il computer/televisione nella sinergia prestano i loro contributi di comunicazione visiva “in tempo reale” ed i social network i mezzi per interagire immediatamente alle partecipazioni in streaming a eventi che accadono altrove, conferendo alla presenza qui ora una intensificazione inaudita. Il tempo quotidiano si spettacolarizza mentre distribuisce la presenza, benchè virtuale, in una moltitudine di luoghi.
Perciò oggi abbiamo una esperienza della geografia del tutto diversa dal passato. L’intera terra è a disposizione di un “incontro virtuale” in tempo reale che, per di più, promette una esplorazione personale programmabile da soli in qualunque momento della vita. Ne deriva una mutazione radicale del rapporto interiore tra l’intelligenza del sé con il sé soggiacente all’esperienza vissuta. Esso è fatto oggetto di programmi d’azione organizzati da una mente interiore che ne gestisce il tempo futuro in base ad un calendario interiore implacabile. Il modus operandi di questa mente è marchiare in agenda ore d’appuntamento con mezzi di trasporto o con persone o con luoghi. Alle quali corrisponde una sorta di “caricamento” interiore della volontà che assume l’impegno a portare concretamente ad effetto gli appuntamenti marcati, cioè a far ciò che occorre per arrivare in tempo agli appuntamenti. L’implicazione qui delineata tra la mente, il sé esistenziale che sostiene il vissuto, la stanza localizzata e la globalità del mondo, è una rivoluzione epocale.
È ovvio che deve mutare la struttura e la gestione dell’organizzazione spaziale della città. Corrispondentemente al rapporto tra diario cronaca sociale e consenso. La città è dovunque ci sia un apparecchio on line.
Il rapporto sopra delineato si può allora riassumere nella relazione tra biografia umana e biografia urbana [fig. 1].
Da architetto tale dimensione geografica è il più importante tema della globalizzazione nei confronti del contesto locale che gli compete come “costruttore” di “campi praticabili da abitare”.
E Reclama una riflessione sul tema costruire abitare. Oltre le tesi di Heidegger.
[fig. 1] Relazione tra biografia umana e biografia urbana
1.2 On-line_Web.
L’intera geografia della terra è letteralmente a disposizione nel sito locale puntuale.
Lo attesta l’immagine di una fotografia satellitare notturna dell’Europa, come questa [fig. 2]. Leggiamo le costellazioni di luci nelle regioni del continente come concentrazione di insediamenti urbani polarizzate in code di comete ove in ogni punto luce si concentrano migliaia, centinaia di migliaia, milioni di apparecchi in rete. È la realtà telematica della rete telematica on line in tempo reale. Per cui ciascun apparecchio è immediatamente in linea con tutti gli altri in una unica città del mondo. E tutti possono comunicare senza intermediazione e immediatamente con tutti. Primato assoluto delle città.
[fig. 2] Fotografia satellitare notturna dell’Europa
A questo corrisponde una rete di infrastrutture di trasporto intercontinentale, innanzitutto aerea e d’ alta velocità ferroviaria e autostradale, poi ovviamente marittima intercontinentali, e, prossimamente, satellitare. Una volta sbarcati, poi, occorre una seconda rete, ora soprattutto locale, “metropolitana” o tranviaria e d’autobus.
Ogni punto luminoso entro la comete è, dunque concretamente praticabile solo nel modo situazionista di Guy Deborde, descritto in “Naked city”, cioè per mappe locali disgiunte ed accostate tra loro dalle reti di trasporto; i diversi poli (stelle e comete), infatti, corrispondono a mappe topografiche in scala al vero cui danno accesso (determinando prossimità temporale equivalente) i sistemi di trasporto più rapidi.
Tale situazione, però, rende obsoleta la marchiatura pregressa dei luoghi della terra.
La dimensione geografica “globale” continentale e intercontinentale, infatti, era attraversata da linee primarie affermatesi nella storia. Lo illustra questa linea rossa che congiunge Costantinopoli/Istanbul con Ravenna, Milano, Parigi e Londra con un bivio a Milano verso la valle del Reno [fig. 3]. Linee di questo genere interferendo o collaborando con le linee sinuose delle acque dei bacini fluviali, costituivano le linee maestre nella conoscenza concreta dei luoghi nella relazione tra loro, dapprima per le migrazioni dei popoli. In seguito per le comunicazioni e gli scambi. Infine per la relazione tra le produzioni specifiche delle regioni che quindi si strutturavano definendo gli ambiti locali e la qualità specifica delle loro produzioni.
[fig. 3] Dimensione geografica “globale” continentale e intercontinentale : linee primarie Costantinopoli/Istanbul -Ravenna – Milano – Parigi – Londra
Ed è chiaro che questi ultimi come campi curati nell’abitare quotidiano degli atti d’abitare sono stati quelli nei quali è stata inscritta la relazione topografica con gli altri nella regione. Come superati dal rapporto diretto, online/trasporti aerei, subiscono la spinta maggiore ad essere trasformati.
Tuttavia il marchio locale nelle tre determinazioni: disposizione, orientamento, giacitura dei bacini fluviali nelle regioni, non ha perso di valore. Anzi.
Benché capovolti e intrecciati in modo inedito globalità e località chiedono di rafforzare i due termini. E questo vuol dire rafforzare puntualmente i luoghi moltiplicandoli e intensificandone la pregnanza. La globalità comporta solo una intensificazione della pregnanza nel contemplare la propria particolarità in relazione alla pluralità delle relazioni totali con la globalità. Abitiamo sempre in un contesto locale. Il termine globale indica solo la prossimità multipla che ciascun luogo sa implicare con luoghi lontani [fig. 4]. Perciò la misure “spaziali” espresse in metri o chilometri non hanno senso concreto nel nuovo concetto di prossimità. Valgono piuttosto le misure temporali.
[fig. 4] Conseguenze nel potere globale della comunicazione – specificamente per Arcduecittà.
La misura espressa in termini di tempo ha infatti una triplice funzione che mette in relazione fatti diversi: l’intervallo spaziotemporale tra gli estremi, il tempo mondano, del giorno e della notte ed il “caricamento” interiore del tempo interno. La prossimità nel rapporto tra “tempo azzerato” del web e “tempo mortale” dell’uomo è tutta ancora da comprendere. La prossimità che è solo somatica e locale, circoscritta a “dove ora” abitiamo, mediante protesi di comunicazione e trasporto, si rende temporalmente “vicina” al lontano.
Da tale “dove-ora” qui si misura la relazione con la globalità che è costituita solo di altri contesti locali. Anche quelli che non hanno storia alcuna.
2.
ON-LINE per arcduecittà e per la pubblicistica di architettura.
La pubblicistica on-line origina in questa situazione di prossimità protesica (concretata da apparecchi) e virtuale (per visualizzazioni di parole e immagini a distanza). Gode del potere di comunicazione simultanea con tutti i siti del mondo ovunque distribuiti, con un costo di edizione e distribuzione molto contenuto. Per di più immediatamente. Come verifica la rivista on-line che abbiamo fondato e pubblichiamo.
Per la quale non si può più parlare di numeri o di cadenze di pubblicazione.
Dal punto di vista delle statistiche valgono nuove misure.
Poiché chi “naviga” on-line a qualunque ora può accedere alla visualizzazione di ciò che è pubblicato indipandantemente che sia notte o giorno per il luogo di trasmissione, si parla di accessi.
Per di più non conta affatto il numero assoluto degli accessi, perché l’accesso può essere accidentale anzi in linea di principio lo è. Quindi la testata o la pagina può essere abbandonata immediatamente. Occorre far sì che ciò non accada. In ogni caso per verificare che non sia accaduto, occorre approfondire il dato d’accesso e la rete web lo consente. Registra l’attenzione prestata da chi ha accesso alla pagina guardata tramite il tempo d’abbandono (rimbalzo) della pagina. Quanto più è basso il numero dei rimbalzi, tanto meno l’acceso è casuale o privo d’interesse. Inoltre ovviamente vale il tempo di permanenza nella visita e il numero di pagine sfogliate.
Da questo punto di vista le statistiche di arcduecittà, sono incoraggianti.
Il numero di chi abbandona la pagina è molto basso. Il che incrociato con il numero medio delle pagine consultate e del tempo di permanenza nel sito (circa tre/quattro pagine e più di un minuto, significa che la pubblicazione è letta. Per di più, da un range di lettori che accede da più di centotrenta paesi del mondo. Sia nella versione italiana sia in quella inglese. Rimando alle statistiche.
Vengo invece al tipo della pubblicazione.
2.1 Il tipo della rivista e i contenuti. ARC e ARCDUECITTA’.
Chi ha frequentato, dovunque in italia, il dottorato in architettura negli anni ’90, sa che si pubblicava a Milano un’altra rivista. Cartacea e non online. Che pubblicava informazioni e saggi sulle ricerche dei dottorandi qualunque fosse la sede in cui si svolgeva.
E si chiamava ARC. Architettura, Ricerca, Composizione.
Quando quattro anni fa si pose la domanda se produrre una rivista per tutti gli architetti, non solo specialisti e “dottori” ma tutti e, per di più, giovani, scegliemmo la pubblicazione on-line, di ripetere il formato ma di mantenere la grafica [fig. 5].
[fig. 5] ARC e Arcduecittà. Rivista e contenuti
Cercammo però di ridefinire l’oggetto, l’abitare non fu guardato solo nel contesto della disciplina ma in quello della città. Per di più cercando di caratterizzare l’abitare, oggi. E di mantenere forte il senso di una alleanza delle generazioni che qualifica il rinnovamento e legittima la modernità.
Abbiamo allora scelto quattro parole per quattro sezioni: ospite/Urban design, Habitus /Interior design, landmark (con i complementari groundmark e timemark) /Architectural and engineering design, set/virtual design. La rivista ha avuto un forum per ospitare le iniziative di A.U.F.O. , cretto da Lorenzo degli Esposti. Ed ha avviato call for papers [fig. 6] tematici gestiti da Ariela Rivetta e paper from school, realizzando così due sezioni d’interlocuzione con il pubblico dei lettori. I dati statistici precedenti dimostrano che questa scelta non è stata rifiutata.
[fig. 6] Call for papers – manifesto
2.2 Alla base una ricerca della modernità.
Questa impostazione d’altra parte, anche più della precedente, concorre ad approfondire la ricerca del moderno, perseguita nel lavoro strenuo di Lorena Antea Caruana nel redigere una bibliografia critica di testi del XX secolo che collocano la rivista nel contesto di una riflessione critica sulla modernità e conferendo ampia eco ai temi dei testi pubblicati insieme ad Altralinea [fig. 7].
[fig. 7] Riferimenti teorici – Riferimenti editoriali.
3.
Comunicazione_scrittura architettonica
Non resta che dire delle due occasioni di confronto con un pubblico specializzato, a Parma e a Roma.
Dove, al centro dell’attenzione era il tema scrittura/comunicazione. Che rimanda al processo progettuale ed alla tavola da disegno o alla tastiera ed allo schermo del computer che visualizza figure sullo schermo per “scrivere” le figure di ciò che si è architettonicamente pensato. A forme cui dare realtà costruttica e abitativa, non solo figurativa. Ciò che si deve comunicare, quindi, non si rivolge tanto alla mente che decifra, quanto al corpo che abita. E solo tramite questo abitare le forme si indirizzano al pensiero che sa il modo di capire il mondo e modellare il corpo del mondo per il corpo abitatore. È evidentemente questo tramite somatico che esige la de-soggettivazione del pensiero che pensa forme da costruire per abitare
Si vale di un tramite somatico per esporsi, il foglio da disegno o lo schermo, altamente concettualizzato per esporre il pensato architettonico vero e proprio, circa l’oggetto abitabile in quanto tale. Perciò il disegno come “scrittura” di quanto pensato esige che il fondo su cui scrive sia de-materializzato per ricevere le figure della forma da concretare.
Emerge un fatto: il pensiero sull’abitare in quanto tale agisce in base alle due operazioni necessarie alla “scrittura” del pensato, quella ab-straente e quella con-cretante.
E si può verificare che le due operazioni sono entrambe necessarie a qualunque comunicazione. Mentre siamo abituati a pensare solo all’operazione astrattiva come operazione del pensare. E non anche a quella concretante come necessaria per essere capiti o per comunicare il pensato e “scriverlo”.
Il continuo rimando alle forme di esposizione per la comunicazione, è necessario per la comprensione di ciò che diciamo. E questo avviene nella percezione della comunicazione stessa, questa ora mentre parlo e mostro immagini sullo schermo. Per esemplificare commento questa immagine che mostro sullo schermo.
mentre parlo, voi ascoltate e guardate l’immagine di cui sto parlando. Così comunichiamo attraverso parole e immagini, voi seduti e io in piedi dietro la cattedra di questa stanza al 31° piano del grattacielo Pirelli in Piazza Duca d’Aosta a Milano, che compare dietro la parete vetrata.
Nel guardare la fotografia vedete il documento di un momento vissuto precedentemente, analogo a quello che stiamo vivendo noi stessi ora. Si tratta, infatti, di una fotografia scattata qualche giorno fa più o meno a quest’ora mentre si teneva una conferenza simile a questa.
Si vedono schiene di persone sedute di fronte altre persone ad un tavolo mentre un relatore parla sotto lo schermo collegato ad un computer regolato da lui in base a ciò che sta dicendo.
E provo a distinguere gli strati della percezione in tale situazione:
- Lo speaker parla, ascolto e capisco la voce mentre guardo lo schermo e connetto le immagini all’argomento di cui parla. Ma so simultaneamente che il mio corpo accomodato al suo posto, insieme a tutti gli altri, è accolto dalla stanza. Si implica, allora, la diacronia dell’abitare: l’essere entrato, aver cercato il posto mentre salutavo altri con cenni e parole, aver scambiato due chiacchiere con i vicini. Si è speso il tempo della presenza somatica a ciò che accade. Come quello esemplificato dalla fotografia.
- Mi distraggo, ad un momento dato, sposto lo sguardo di lato, c’è la parete vetrata da cui vedo gli edifici oltre la piazza. Anzi, dal trentesimo piano del grattacielo, anche i tetti sui volumi delle case ritagliati dalle strade a perdita d’occhi fino alla campagna. Penso alla veduta mozzafiato goduta. So che da questa esperienza solo visiva al di là della parete di vetro è stata tratta la fotografia e la geometria proiettiva per una scienza della natura.
- Quando torno a guardare il relatore e lo schermo, per seguire il discorso, le parole e lo schermo trattengono tutta la mia attenzione. E, le immagini come info_grammi, sono solo il corredo delle parole, nel nominare le cose.
Ho parlato di tre livelli di percezione simultanei e sinergici dei quali solo la prima si riferisce direttamente alla situazione “percettiva” d’esserci. Cioè all’esperienza somatica dell’abitare. La seconda si dà solo abitando e da un interno guardando attraverso la trasparenza di un foro finestra o porta. Lo schermo, poi non solo è installato nella stanza, ma attraverso l’apparecchio che vi proietta segni e immagini, rimanda ad un altro tempo-spazio stabilendo un rapporto mediato con la percezione qui-ora.
Le tre forme di percezione sono sinergiche nel conferire al discorso, parola e immagini, la concretezza di orientamento del pensiero comune all’argomento di cui si parla fabbriche da abitare per poterne discutere in un confronto critico il cui presupposto è la ragione stessa della comunicazione. Né quello che diciamo si traduce direttamente e immediatamente in fatti. Chiarisce semmai aspetti di temi cui pensare in termini scientifici ed artistici per l’abitare di altri in un altro momento ed il cui divenir presente eventuale è accessibile solo attraverso disegni di progetto architettonico.
Scrivendo parole sulla rivista rimandiamo necessariamente alle immagini e schemi figurativi di scrittura architettonica mediata dal foglio o dallo schermo perché la vera e propria scrittura architettonica, il suo testo, è quella dei “fatti” abitabili e di fatto abitati che si offre direttamente ai comportamenti somatici e li chiama ad esercitare la competenza somatica di abitare.
Rispetto al vero testo di questa scrittura, il progetto architettonico in quanto disegno di un fatto artistico tecnico da realizzare è una forma di scrittura al quadrato. La rivista quindi ha tentato di porsi in una posizione tale da rendere interagenti i due modi di esposizione del pensiero in architettura, quello della fabbrica e quello del disegno innanzitutto mettendo a tema i quattro aspetti chiave che qualificano il rapporto tra persone che abitano e modi d’essere della fabbrica nella città: ospite, habitus, landmark, set[1].
Affrontandoli dal punto di vista della città e del suo tempo d’esistenza l’oggi, con lo stile di comportamento odierno di cui parlammo in esordio, l’attenzione di arcduecittà, è andata dapprima sulle evidenti contraddizioni socio_abitative che attraggono gli opposti: ricchezza e povertà. Ha cercato contestualmente di stimolare l’interlocuzione con i giovanissimi attraverso un forum. Ha poi aperto un confronto (purtroppo solo molto parziale) sul modo in cui la scuola italiana affronta i temi del progetto architettonico . E ha portato poi all’attenzione i testi architettonici di Terragni per sostenere la rilevanza sull’architettura moderna oltre le Corbusier. Infine sta promuovendo ricerche bibliografiche che sull’attualità. Non posso qui affrontare la discussione della modernità in architettura di fronte al rapporto drammatico tra tradizione e modernità cioè sui temi della decostruzione e dello zeitgeist in rapporto al concetto di scrittura architettonica. Sarà oggetto di altri contributi detti e scritti altrove. Qui sostengo solo la tesi che nei confronti dell’astrazione che nutre di significato le parole, le cose, che sono oggetto dell’architettura operano una funzione concretizzante cosicchè ciascuno dei due modi di pensare affronta il problema essenziale del pensare/comunicare – l’operazione astrattiva e l’operazione concretizzante entrambe necessarie alla comunicazione del pensiero, il pensato da due opposte funzioni comunicative, la parola a partire dall’astrazione e il fatto a partire dalla concretizzazione, in modo tale, per di più che nessuna può totalizzare in sé il significato ma entrambe rimandano l’una all’altra per la comunicazione/significazione.
Mi riprometto di trattare altrove di scrittura architettonica nel rapporto essenziale che inaugura la modernità, il disegno grafico e l’attualità, il disegno digitale sostenuto dai programmi CAD del sofware.
Ed ora ringrazio tutti dell’attenzione prestata al mio discorso in tutto questo tempo.
Ernesto d’Alfonso
[1] nell’intento di collegare tra loro i modi d’essere dell’ospite con i caratteri distintivi della costruzione da abitare nella città, la totalità degli attrezzi necessari all’ora secondo le circostanze convenienti prese insieme nella totalità delle ore distinte e ripetute degli edifici che si inscrivono come marchio di un orizzonte nel paesaggio urbano.