IMG_20201007_140058

Lo studio –  finalizzato all’individuazione degli elementi urbani adatti all’oggi… di una pratica urbana per punti, discontinua e a-contestuale -, si sviluppa sul doppio livello, … in rapporto ad un nuovo tipo di misura, e in rapporto al prima, ossia ad una dimensione storica in cui le mutazioni … appartengono ad una forma archetipa che continua a mutare per accogliere dentro di sé il senso della mutazione. In questo senso il concetto di paradigma a cui ci si riferisce è debitore alla teoria di T. S. Kuhn3 soprattutto quando l’autore sottolinea … la necessità di adeguarsi alle anomalie di una nuova condizione rispetto alle quali una determinata tradizione disciplinare ha mostrato una carenza dei mezzi per controllarla. (Ariela Rivetta, Critica della progettazione contestuale)

 La ricerca del laboratorio misura e scala: interni urbani epaesaggi. Gli anni ‘90_2000 .

Critica della progettazione contestuale, il libro di Ariela Rivetta che pubblica la sua tesi di dottorato (2004), si è imposto di nuovo alla nostra attenzione dopo 15 anni dall’edizione, per la chiarezza della esposizione e la lucidità dell’argomentare. Penso sia testimonianza ed approdo della ricerca del laboratorio in quegli anni.

Ad essa sono debitrici le tesi successive. Specificamente quella,  più volte in seguito sostenuta, che  il  paradigma della forma urbana d’oggi, (primi decenni del terzo millennio), derivi dall’adeguamento sinergico di quattro strutture: lo sprawling della residenza periurbana, l’infrastrutturazione dei trasporti, l’infrastrutturazione elettrotelematica delle comunicazioni  e la produzioni di poli di condensazione funzionale che s’innestano sulla rete dei trasporti, di fatto rendendosi semidipendenti dal contesto di suolo. Col quale, la solidarietà della fondazione, comunque stabilisce il radicamento d’una appartenenza da valorizzare.

Nel tornare, dopo 15 anni, alla ricerca di Ariela, nel laboratorio misura e scala: interni e paesaggi, segnalo l’interrogazione di partenza sullo stato della città, uno “stato raggiunto”, cioè attinto come ora presente nel divenire temporale. Lo sforzo quindi è stato quello di qualificare la storicità di un momento discontinuo. Nel quale un incremento di grandezza comporta una “rivoluzione nella struttura” dell’unità d’insieme. Da un lato imponendo la questione della grandezza, dall’altro una trasformazione radicale dalla struttura precedente, impotente ad integrare in unità i nuovi componenti.

Sono tre i termini che Ariele impiega per nominare tale fenomeno urbano:

grosztadt (il termine di Wagner per il piano urbanistico della città di Vienna del 1911), che indica una grandezza incomparabilmente superiore rispetto a quella della città preesistente.

scala che indica gradi diversi della grandezza che mostrano diverse determinazioni e caratteri  della forma stessa conseguenti alla diversa visione d’insieme, che la grandezza  superiore rivela mentre l’inferiore non può.

paradigma che indica la “regola di forma” della struttura dell’insieme integrato.

Mi trattengo sul primo: il termine grosztadt. Perchè sottolineando il carattere della grandezza urbana d’ordine superiore a quello della città preesistente; ed orienta lo studio della sua forma e struttura ad osservare la rilevanza dei problemi sollevati dagli altri due : scala e paradigma.

Grosztadt nomina una grandezza,  d’ordine superiore a quella preesistente, che non ammette la persistenza del “paradigma” che strutturava l’unità dell’insieme preesistente. Nomina l’elevazione di scala che reclama un nuovo paradigma di struttura per “funzionare” adeguatamente.

Scala, infatti, implica successivi gradi e l’elevazione dei gradi successivi rispetto ai precedenti. Paradigma, ne dice  il problema; consistente nel fatto che  ogni elevazione di grado esige una mutazione paradigmatica che sovverte quello precedente.

Tra struttura della grandezza ed elevazione della grandezza, c’è un rapporto per cui l’ampliamento non è più sostenuto dalla struttura. Il termine scala indica la soglia di insostenibilità della grandezza ulteriore dalla struttura preesistente. E la necessità di produrre una più complessa ed articolata struttura. Presuppone quindi una corrispondenza tra grandezza e struttura tale per cui a soglie di scala divenuta insostenibile la grandezza ulteriore deve mutare il paradigma della struttura.

Il rapporto tra grandezza e struttura è fondamentale. L’insieme degli elementi sfusi non costituisce neppure il minimo villaggio.

Lo verifico lo stesso Lèvy Strauss nel suo studio del villaggio amazzonico.

Più elementi a diverso significato e compito, erano composti per dare campo differenziato allo svolgersi  temporale dell’intera esistenza delle società amazzoniche dalla nascita alla morte di più generazioni successive. D’altra parte, la struttura che integra in unità gli elementi del villaggio, non è quella della città.

Nel primo caso sono pochi i componenti diversi e la loro articolazione nella relativa struttura, nel secondo caso sono molti e articolati in una gerarchia di parti a diversa funzione in modo complesso.

Ed è la città la struttura che più ampiamente cresce. E che verificò nel tempo il problema della soglia superiore ed inferiore della capacità della struttura di sostenere la grandezza in crescita.

Dunque il primo grado della scala è quello in cui si comprende il rapporto tra struttura e grandezza. Cioè il fatto che la grandezza non è formata dalla somma di elementi eguali, ma dalla interazione di elementi diversi. Cioè dalla articolazione in una forma integrata,  cioè in una unità irriducibile ai suoi elementi. Gli ulteriori gradi mostrano segni disgregativi che esigono la ricerca di una diversa struttura integrativa.

Ariela ne coglie il problema. Sottolinea,  che un ulteriore grado della grandezza, verificando la impossibilità del persistere del paradigma pregresso, reclami la necessità di mettere a punto un paradigma di struttura capace di sostenerlo.

Scala e paradigma d’integrazione in insieme unitario dell’ordine di grandezza di quel grado, sono i termini che rimandano l’uno all’altro per essere intesi nel loro significato. Il termine scala espone, quindi il problema  del cambio di paradigma relativo ad ordini di grandezza tra loro incommensurabili perché la comparazione non riguarda la grandezza, maggiore o minore, ma il paradigma che ne struttura l’insieme e la sua forma. Scala, perciò indica l’incommensurabilità dei paradigmi relativi ai gradi ciascuno dei quali definisce un “ordine ella grandezza” che reclama una “rivoluzione” nella struttura della forma.

Questo chiarimento che indica il momento del tempo storico a cavallo del XX secolo, malgrado, appartenga al futurismo e porti immediatamente con sé una istanza alla tabula rasa ed alla rivoluzione. In realtà stabilisce un rapporto molto forte con il tempo storico ed il suo divenire. Ariela ne coglie il rapporto diretto con l’affermarsi dell’industria come sistema produttivo. E con la forma lineare taylorista come forma urbana. Perciò non avvia lo studio con i primi decenni del XX secolo, ma con il tempo della seconda guerra mondiale in cui si affermò il modello lineare. E se ne capì  contemporaneamente il problema.

Cominciando da tale soglia temporale, Ariela studia i documenti di tale crisi e il modo in cui si mette a punto un nuovo modello.

Evidenzia dunque un primo approdo, nel disegno di Koolaas per Melun-Sénart.

E ne caratterizza il cambiamento come dismissione del modello lineare, sostituito da un sistema di strutturazione multipolare sostanzialmente non contestuale.

La dismissione del modello lineare ha condotto la ricerca del laboratorio, ad interrogarsi sulle ragioni della situazione successiva  in cui la non contestualità si rivela come spontanea nella estrema periferia e condizionata dal rapporto trasporti/comunicazioni, quindi alle due strutture relative, le reti veicolari e le reti elettrotelematiche. Che indica nelle condensazioni di funzioni ai poli multiscala l’opera strategica di integrazione. Dal punto di vista architettonico Frampton ha portato un contributo essenziale con il concetto di megaforma che con le sue operazioni ingenti e sinergiche al suolo e nel tetto  evidenzia il problema costruttivo e ingegneresco nella definizione architettonica.

cof

d’Alfonso, Contin, Cagnoni, Studi per morfotipo urbano, seconda metà anni 90

Questo concetto, fatto proprio dal laboratorio è stato guardato alla luce della tipologia, bensì multifunzionale o hibrid come indica Fenton, ma non esasperandone il conflitto con il contesto nella direzione di Augè, ma la appartenenza ad esso come indicano gli esempi di Belem di Gregotti e   dell’Illa a Barcellona di  de Solà Morales e Moneo. Per tale modalità che contempla il contesto urbano al futuro piuttosto che al passato, cioè valorizzato e promosso, cioè ricollocato al futuro fu coniato il concetto di morfotipo urbano che contemplava l’integrazione di strutture di morfologia urbana nella coesistenza di tipologie diverse cercando di chiarire come le due si componessero integrandosi per farle interagire.

In tal modo i procedimenti moderni alternativi potevano essere studiati alla luce di un principio di composizione architettonica specifica.  Alla messa a punto di tale procedimento compositivo mirano i disegni urbani in appendice.

La ricerca del laboratorio, nel seguito, poté  affrontare lo studio delle eterotopie, considerando in tale concetto l’elevazione alla scala superiore delle tipologie edilizie come ibridi e megaforme da “comporre” impiegando le tecniche derivate dalle forme strutturate tratte dalla analogia genetica, si vedano le eterotopie di Graham Shane.

Torno al lavoro di allora, quello documentato dal libro di Ariela.

Esso perveniva , nel verificava il superamento del modello lineare a considerare il rapporto tra bigness alla scala dell’insieme  e size della megaforma/morfotipo urbano.

Prospettava così un rinnovato modo di deconnettere  la forma lineare e gli elementi della tipologia edilizia e di riconnetterle in un ordine sovvertito.

Sono giunto al punto in cui si “toccano” i successivi moneti ed emerge il valore fondativo di questa ricerca per il laboratorio, sottolineo che il concetto di scala/paradigma, liberato dall’ipoteca del modello lineare senza sganciarlo dal processo di produzione industriale nella sua pratica diacronica è divenuto principio del procedimento progettuale del laboratorio nella connessione più volte postulata tra biografia urbana e metabolismo urbano.

La storia come cronaca dei casi studio nella temperie del loro tempo ha dato i suoi risultati. Contribuisce a illuminare il presente d’oggi di fronte l passato prossimo ed al futuro cioè la relazione tra contesto preesistente nuove reti infrastrutturali materiali ed immateriali e con i nuovi organi tipologici occorrenti nei tessuti urbani soprattutto ai nodi delle reti. Mettendo la ricerca successiva in grado di affrontare la questione del primato temporale nella misura spaziale ed i due concetti relativi di tempo utile e tempo reale che introducono nel contesto relazioni estranee ad esso. Quindi la nozione corrispondente di prossimità multipla equivalente.

Ci si trova nella condizione di poter affrontare un nuovo modo della spontaneità attrezzata di apparecchi che consentono la pratica di tale prossimità. Una spontaneità ad esempio che non

può prescindere dal computer palmare cioè dal telefono cellulare, un vero e proprio strumento informatico multiplo a disposizione ovunque e comunque, media il rapporto persino con la topografia della terra.

Si torna alla somaticità primaria dello spazio e del tempo senza rimuovere la attrezzatura tecnica di cui siamo dotati.

Il ritorno alla somaticità primaria dello spazio e del tempo dei corpi postula la compossibilità della fenomenologia somatica dello spazio e del tempo vissuto e la fenomenologia in_abitata e non vissuta dello spazio e del tempo dei fenomeni fisici supportati dai fenomeni della attuale fisica quantistica e della relatività generale.

A tale compossibilità che gli algoritmi della geometria analitica espongono, non basta l’evidenza della matematica e la verifica degli esperimenti scientifici. Occorre l’intuizione di una immaginazione istruita dalle osservazioni sperimentali  secondo i concetti.

Occorre una intelligenza dell’architettura che chiede ricerca di nuovo e ancora.


Save pagePDF pageEmail pagePrint page
SE HAI APPREZZATO QUESTO ARTICOLO CONDIVIDILO CON LA TUA RETE DI CONTATTI