Non-standard, prima di tutto, è l’approccio all’architettura. Sia nel caso di esperimenti digitali, come le Trans-architetture di Marcos Novak, sia in quello di edifici costruibili, quali le opere di Anish Kapoor o di Objectile, il progetto non è la modalità con cui l’architetto dispiega le proprie capacità di immaginazione, controllo e preveggenza: la rappresentazione assurge a un ruolo maieutico, e l’architettura diventa risultato di un algoritmo evolutivo. Scompare la composizione.
E non-standard diventa anche la modalità di rappresentare il progetto per poi comunicarlo. Costruire edifici come il Meiso no Mori Crematorium di Toyo Ito (fig. 2), o il Beijing National Aquatics Centre di PTW Architects e Arup, richiede infatti di andare oltre le standardizzate tecniche di disegno: e quindi anche di smettere di pensare l’architettura secondo i tradizionali (e limitativi) strumenti di pianta e sezione.
Non-standard indica dunque il superare le tradizionali modalità di ideazione, gestione e comunicazione dell’architettura, usando la rappresentazione per scardinare le consolidate abitudini.
Un cambio di prospettiva non esente da rischi, in particolare quello della sovrapposizione tra non-standard ed estetica dell’amorfo che sembra a volte essere quasi un obiettivo caratterizzante (K. Oosterhuis, Towards a New Kind of Building: A Designers Guide for Non-Standard Architecture, NAi Publishers, Rotterdam 2011). Questo porta a una falsa democratizzazione dei processi progettuali: da un lato è relativamente semplice usare strumenti generativi, dall’altro riconoscere i valori dei risultati è estremamente difficile, cosicché in realtà l’unica legittimazione del progetto diventa la firma del suo autore.
Ma allo stesso tempo, proprio questi rischi evidenziano potenzialità ancora inespresse: evitare la deriva dell’amorfo significa infatti utilizzare un approccio non-standard anche in quei progetti che non ricercano effetti scultorei, evolvendolo nella capacità di ridiscutere a ogni livello le convenzioni date per assodate, verificandole sulla specificità del progetto. Riappropriandosi così di una dimensione olistica dell’architettura in grado di rendere reciprocamente fecondi composizione e rappresentazione, all’interno della specificità progettuale.