La mostra “IMMAGINARE L’ARCHITETTURA. 15 DISEGNI DI FRANCO PURINI FRA 19
PROGETTI DI LINGUAGGIO” che si inaugura il giorno 15 Marzo 2014 nel quadro degli eventi
organizzati nell’antica e prestigiosa cornice di Palazzo Lucarini a Trevi (Pg), nasce da un’idea
di Andrea Dragoni e Maurizio Coccia – a cui si deve il preciso coordinamento generale – che
mira a restituire centralità alla disciplina architettonica puntando prevalentemente sulla sua
componente immaginifica.
Per dare forza a questo aspetto molto spesso tradito nella prassi attuale, i disegni Franco
Purini sono accompagnati, grazie alla felice intuizione di Paolo Belardi, da selezionati
progetti d’architettura sotto forma di plastici realizzati durante l’ultima esperienza
accademica del Maestro romano e in parte presentati alla mostra “TRA TIPO E MODELLI”
curata nel 2013 da Enrico Ansaloni, Sara Petrolati e Patrizia Pescarolo e presentata nella
sede della Facoltà di Architettura di Roma Fontanella Borghese.
Lo scopo della mostra non è solo celebrare la componente ideativa propria del disegno
bidimensionale vero campo di ricerca di Franco Purini da più di quattro decadi – che qui si
tenta provocatoriamente di riassumere in soli quindici exempla ficta – ma anche riaffermare
un’innata propensione all’intuizione conoscitiva che va al di là della pura e semplice abilità
nel pensare un universo figurativo ben strutturato e che riesce costantemente a imporsi
quale idea in grado di scavalcare l’effimero e ribadire la matrice compositiva del progetto
mediante un instancabile lavoro d’indagine. Gli stessi diciannove modelli da essa scaturiti
che ne fanno da contraltare, dimostrano la valenza indagatrice del disegno in architettura
prefigurando edifici o brani di città dalla forte carica utopica capace di esaltare il contesto in
cui sono pensati.
Il giorno dell’inaugurazione, l’evento sarà preceduto nel teatro Clitunno di Trevi
dall’incontro tra Franco Purini e Giorgio Bonomi “Accanto all’arte”.

 

Mostra ACCANTO ALL’ARTE: un colloquio di Giorgio Bonomi con Franco Purini

 

Il colloquio, curato dall’Accademia di Belle Arti P. Vannucci di Perugia, si è tenuto lo scorso
15 marzo all’interno del Teatro Clitunno di Trevi (PG) in occasione dell’inaugurazione della
mostra “Immaginare l’architettura: 20 disegni di Franco Purini fra 20 progetti di linguaggio”
in corso presso il Palazzo Lucarini Contemporary, curata da Enrico Ansaloni e Andrea
Dragoni.
Nel corso del pomeriggio Giorgio Bonomi ha posto a Franco Purini una serie di domande,
spunti di riflessione sul rapporto fra architettura e arte, l’autonomia delle discipline
artistiche, il disegno come comune denominatore fra le arti, l’importanza nel processo
creativo della manualità e del segno grafico individuale.
L’ampiezza dei temi toccati ha dato modo al maestro romano di illustrare la propria
posizione su molti nodi problematici dell’architettura contemporanea.
Quello fra arte e architettura è un rapporto complesso, impostato in modo errato dai poteri
odierni. L’architettura per Franco Purini è un’arte, resa peculiare dai suoi stessi vincoli: la
funzione è parte integrante della forma architettonica, cui si aggiunge un plusvalore
artistico. L’architettura inoltre non può rappresentare il dolore.
Una differenza importante fra arte e architettura è che la prima presuppne una ricerca,
un’atto volontario da parte del fruitore, mentre la seconda interviene nella vita quotidiana
indipendentemente dalla volontà di chi la abita. Pertanto la città deve essere armoniosa,
esprimere sicurezza e pienezza per accendersi esteticamente in alcuni edifici speciali.
L’architettura è un sistema gravitazionale di segni, tenuti insieme da ragioni spirituali.
Il disegno del nuovo si inserisce in un sistema di segni preesistenti. Senza questa
consapevolezza ogni costruzione è dannosa.
Standardizzazione e tecnicizzazione hanno alterano il rapporto fra disegno e costruzione: al
primo è richiesto di essere definitivo perché la seconda abbia luogo, mentre storicamente i
due momenti si alternavano ibridandosi.
Perché l’idea, che Federico Zuccari definiva “disegno interno”, diventi pensiero, è necessario
il disegno manuale. Lo strumento informatico interviene in un secondo momento,
contribuendo al processo compositivo.
Il disegno è strumento ineliminabile dell’architettura. È il segno, il tratto grafico che ci
distingue l’uno dall’altro: nel disegno risiede l’individualità di ciascuno. Costituisce il codice
genetico dell’architettura, ciò che passa alla Storia, possiede una carica profetica che la
costruzione non può avere.
Il disegno per Franco Purini è ricerca disciplinata, ossessiva, “preghiera laica”.

Esplorare il mondo con il disegno. Andrea Dragoni
Un elemento di continuità che si è sempre mantenuto intatto nei disegni di Franco Purini
è la permanenza di una sorta di stato d’allerta rispetto al mondo della figurazione, che ha permesso alle
opere di sfidare il tempo e mantenere intatta la loro forte carica evocativa.
Mi affascina immaginare la fluidità del pensiero di Purini passare dalla dimensione mentale dello spazio a
quella del foglio (campo privilegiato per tradurre la sua relazione fisica con le idee)
come ad una necessità quasi fisiologica. Ed infatti la sua incessante produzione di schizzi, disegni appuntati
negli inseparabili carnet, rappresentano una sorta di elaborazione analitica dell’identità collettiva, che
registra e combina, forme, spazi, suggestioni, parole d’ordine in un nuovo universo di immagini che hanno il
valore di trasformarsi in un mondo di segni in grado di proporsi come strumenti, anche disciplinari, in grado
di suggerire nuove strade esplorare.
Nei disegni presentati a Trevi, un corpus che sintetizza agilmente la ricerca di Purini degli ultimi venti anni,
quelli più recenti innescano nuove suggestioni.
Rispetto a quelli più noti e storicizzati, si può riconoscere un atteggiamento rispetto alla forma che appare
assolutamente inedito: si assiste ad una sorta di eclissamento della stessa evocata attraverso raffinate
trame d’ombra, un percorso per certi versi che ricorda quello di Giorgio Morandi, una funzione attiva del
vuoto che appare come la necessità di inserire nel mondo della figurazione una dimensione di silenzio, oggi
assolutamente necessaria.

 


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