L’atteggiamento del fotografo di paesaggio, che sia naturale o urbano, è molto più vicino all’atteggiamento del pittore, il quale prima di iniziare a dipingere ha già in mente come sarà la composizione, la luce, i colori quasi non ammettendo nessuna “variazione in corso d’opera”. Nel costruire la prospettiva il pittore dell’Umanesimo sapeva esattamente dove posizionare il punto di vista, la sua altezza e la dimensione del quadro prospettico per avere quel preciso risultato spaziale che aveva (1)previsualizzato nella sua mente.
La pratica della prospettiva proiettiva portava il pittore a dominare attraverso la tecnica, lo spazio; controllo ancora più evidente dal solo utilizzo della prospettiva centrale visione che metteva il punto di vista, l’uomo, nella sua fissità al centro del sistema della visone e dei cieli, traducendo il pensiero del tempo in sistema di visione. Il pittore delle tre tavole di Città Ideali(2) pone al centro dello spazio urbano con altezza naturale dell’occhio umano e ci mostra attraverso la “finestra”prospettica, l’architettura, le architetture nella loro interezza; anche nella scelta della luce utilizzava una luce prevalentemente diffusa, quasi priva di ombre portate ed in modo tale che nelle ombre proprie, come nelle zone pienamente illuminate si potesse leggere tutti i dettagli(3).
Atteggiamento differente abbiamo con le prospettive dei Bibiena soprattutto di Ferdiando, capostipite della famiglia di scenografi, e del figlio Giuseppe. Il Barocco influenzato dalle scoperte di Copernico e Keplero sposta il punto di vista; come la terra non è più al centro del “sistema dei cieli” e compie un percorso ellittico intorno al sole così l’uomo non domina più la visione con la prospettiva centrale ma anch’egli inizia a girare intorno all’architettura(4). Ferdinando Bibiena con il suo trattato “Architettura Civile, preparata in geometria e ridotta in prospettiva” del 1711 indaga al prospettiva accidentale e i limiti della prospettiva(5); così il punto di fuga diventa anche punto all’infinito e non è più necessariamente all’interno del quadro prospettico e si moltiplica.
Lo spazio e l’architettura non sono più rappresentati nella loro interezza ma vengono “ritagliata” dal quadro prospettico e grazie alla scelta di un preciso punto di vista e di angolazione rispetto allo spazio l’architettura viene resa allusiva, innescando in chi guarda il quadro o l’incisione un meccanismo di ricostruzione spaziale di ciò che è stato escluso, ed una inconsapevole curiosità nel guadare. Il compositore quasi ci dice: “ritaglio lo spazio per farne vedere di più”. Giuseppe Bibiena con le sue vedute architettoniche conduce il nostro sguardo e il nostro pensiero, attraverso una tensione prospettica dello spazio e una serie di rimandi di elementi architettonici, a compiere un percorso preciso, facendoci in maniera per noi inconsapevole restituire lo spazio architettonico nella sua interezza.
Le scoperte scientifiche con il loro spostare il punto baricentrico al di fuori dell’uomo portarono anche ad indagare il paesaggio non come archetipo ma come elemento reale, il pittore esce dallo studio per iniziare a dipingere la realtà; e l’incontro tra pittura di paesaggio fiammingo e la tecnica prospettica italiana attraverso Gaspar van Wittel si svilupperà per trovare la sua massima espressione nel Vedutismo veneziano. Il capostipite della tradizione veneziana Luca Carlevarijs esce dallo studio attrezzato di camera oscura(6) per iniziare a ritrarre la città di pietra, e così anche il Canaletto, che per raccontare la magnificenza della città lagunare dipinge una serie di vedute, si muove prevalentemente sul percorso del Canal Grande perché su di esso viene raccontata l’identità della Repubblica della Serenissima: la porta urbana del bacino di San Marco, le istituzioni con il Palazzo Ducale, Basilica di San Marco, Biblioteca Marciana, la Zecca, i Piombi, i magazzini del Sale, i Palazzi delle famiglie dogali, il mercato, i fondaci… Vedute raccolte in momenti differenti senza essere pensate in una sequenza precisa, grazie al console Joseph Smith(7), che volle editatele sotto forma di incisione in un album, il Prospectus Magni Canalis, vengono ripensate dal Canaletto e da Antonio Visentini, colui che riporta questi quadri in forma di incisione su lastra di rame, come una sequenza che partendo dal Ponte di Rialto si muove verso il Bacino di San Marco per poi tornare a compiere il percorso dal ponte verso il convento di Santa Lucia. Una sequenza precisa dal punto di vista spaziale che attraverso continui rimandi di elementi architettonici contenuti nelle singole vedute fanno si che l’osservatore della raccolta possa ricostruire nella sua mente lo spazio urbano.
La veduta come registro compositivo non si concentra nella visione della semplice architettura monumentale ma sulla relazione tra essa e lo spazio, così in questa composizione di sequenza l’elemento o gli elementi architettonici/ urbani, che si trovano presenti nella singola incisione, erano già presenti nella precedente e saranno in quella successiva, dando continuata alla lettura e traducendo il tutto in una narrazione urbana. Canaletto sotto l’influenza delle scoperte di Isaac Newton sulla luce, inoltre inizia a porre maggiore attenzione alla qualità reale della luce abbandonando una ricerca formale volta ad aumentare la profondità prospettica, e questa influenza tra scienza e arte porta Bernardo Bellotto, nipote di Canaletto, ad un grado ancora più alto verso le caratteristiche “meteorologiche” del luogo tanto da non preoccuparsi, quando dipinge le vedute delle capitali europee, del fatto che le lunghe ombre, prodotte da un sole che non raggiunge l’altezza sull’orizzonte molto elevata, occupano quasi metà del quadro, avvicinandosi sempre di più all’analisi della realtà fenomenica dello spirito illuminista. Consapevolezza della scelta del punto di vista, di ciò che viene incluso ed escluso dalla visione; rapporto tra architettura, spazio e paesaggio; attenzione verso la luce come elemento di carattere del paesaggio locale; costruzione di una narrazione attraverso lo studio del territorio e costruzione della sequenza sono i registri che il fotografo, inserendosi nella tradizione della rappresentazione dell’architettura e del paesaggio, mette in gioco. Nella campagna fotografica sulla valle del Gottero lunghi sopralluoghi prima di iniziare a fotografare sono stati utili per capire la struttura dei tre nuclei, Antessio, Rio e Godano. Sorti lungo antiche vie di crinale si comprende la loro identità e il loro carattere solo ripercorrendo a piedi queste strade(8); il loro rapporto con l’orografia del territorio diventa chiaro come il loro rapporto con il paesaggio dei terrazzamenti e la loro struttura difensiva evidente in Rio la si comprende solo in questo in questo modo. Da queste considerazione nascono le tre sequenze/ racconti fotografici: vedute di avvicinamento per raccontare il loro rapporto con il paesaggio, le compressioni spaziali degli ingressi urbani, la sequenza alternata di edifici e terrazze/aia per adattarsi all’orografia, e che diventano piazze con la presenza di edifici civili e di nuovo la compressione che prelude all’uscita.
2 I dipinti Città Ideali ora conservati ad Urbino, Baltimora e Berlino hanno sempre destato problemi di attribuzione, senza dubbio di scuola urbinate.
3 Quasi prevedendo i problemi del fotografo nel lavorare in una giornata di luce tersa quando per una corretta esposizione deve scegliere se predilige le alte o le basse luci a discapito delle ombre e delle zone illuminate il pittore riproduce una luce più morbida per diminuire questo differenziale.
4 Copernico scopre il percorso che la terra compie é ellittico intorno al sole; interessante a questo proposito l’introduzione di questa forma compiuta da Lorenzo Bernini in Sant’Andrea al Quirinale e Francesco Borromini in San Carlino alle Quattro Fontane.
5 Le aberrazioni marginali problema già noto dagli albori della prospettiva proiettiva, per un fotografo sono evidenti nell’utilizzo di obiettivi grandangolari, i quali hanno la caratteristica/difetto di dilatare lo spazio e deformare gli oggetti soprattutto ai bordi dell’immagine; in questo caso la conoscenza della prospettiva proiettiva da la possibilità di utilizzare questi obiettivi limitando le aberrazione marginali. 6 La camera oscura era apparecchi costituito da un scatola in legno alla quale, su una faccia, era montato un lente/obiettivo e opposto ad esso, all’interno della medesima era posizionato uno specchio che rimandava l’immagine, prodotta dall’obbiettivo, ad un vetro smerigliato posto sulla faccia superiore dove posizionando un foglio traslucido dava la possibilità, ricalcando l’immagine di riprodurre una prospettiva ottica
7 Console britannico presso la Repubblica della Serenissima tra il 1744 e il 1760, fu il più importante collezionista e commerciante di pittura vedutista, risiedette a Venezia fino al 1770 hanno della sua morte. 8 le strade che percorriamo attualmente in automobile sono percorsi recenti, di fondo valle o di mezza costa; il loro arrivo ai nuclei abitati raramente coincide con gli antichi ingressi dove il carattere difensivo era chiaro, non solo per la presenza della porta urbana.