Convegno e Mostra, Roma, Casa dell’Architettura – Acquario Romano

Lunedì 30 Marzo ore 9,30

 

Ore 10,00, Saluti

Livio Sacchi, Presidente dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori,

Paesaggisti e Conservatori di Roma e Provincia

Ilaria Valente, Preside della Scuola di Architettura e Società, Politecnico di Milano

Romolo Martemucci, Presidente Accademia Adrianea di Architettura e Archeologia

 

Ore 10,30, Introduzione

Pier Federico Caliari, La serie e il paradigma

 

PRIMA SESSIONE

Modera Roberto de Rubertis

 

Ore 10,50

Gianni Accasto

Ore 11,10

Livio Sacchi

Ore 11,30

Francesco Menegatti

Ore 11,50

Francesco Moschini

Ore 12,10

Paolo Portoghesi

Ore 12,30

Lucio Altarelli

 

SECONDA SESSIONE

Modera Lucio Altarelli

 

Ore 15,30

Dina Nencini

Ore 15,50

Roberto De Rubertis

Ore 16,10

Ernesto D’Alfonso

Ore 16,30

Luca Galofaro, 

Ore 16,50

Luigi Franciosini

Ore 17,10

Laura Thermes

Ore 17,30

Francesco Cellini

Ore 17,50

Franco Purini

Ore 18,15

 

Inaugurazione della mostra

Franco Purini. La Serie e il Paradigma. L’arte del disegno presso i Moderni

LA SERIE E IL PARADIGMA.

FRANCO PURINI E L’ARTE DEL DISEGNO PRESSO I MODERNI

Dedicato alla Tesler Generation

E’ trascorso circa un quarto di secolo dall’inizio della rivoluzione digitale che ha trasformato completamente l’organizzazione e il paesaggio produttivo degli studi di architettura, modificando in modo sostanziale i processi di restituzione grafica degli elaborati di progetto e di rappresentazione in generale dell’architettura.

E’ tempo di fare alcune valutazioni.

In una recente intervista rilasciata proprio a Franco Purini, Peter Eisenman – uno dei primi a dotarsi di softwares di disegno automatico – spiega come le giovani generazioni abbiano perso ogni contatto con il disegno e come siano incapaci di attivare un ragionamento visivo senza il supporto del computer. Conclude poi lapidario: “…credo che dobbiamo tornare indietro ritrovando il disegno, dobbiamo tornare all’idea di che cosa è il progetto d’architettura come fenomeno critico, sociale, ideologico”.

Non si tratta di buttare via i CD e ritornare al vinile, ma di considerare la possibilità di rivedere un processo che ha travolto un mondo e i suoi comportamenti, per verificare con la dovuta distanza critica, quanto sia andato perso e cosa debba essere recuperato. Infatti, della strumentazione classica non resta più nulla. Forse solo la matita e la gomma possono considerarsi delle sopravvissute, oggi tuttavia destinate ad altre mansioni (sottolineare, cerchiare, annotare, ecc). Per il resto, tutto si è liquefatto, utilizzando qui un’immagine che da sola ben sintetizza il rapporto dialettico che esiste tra pixel e paper, e che va ben oltre quello tra immateriale e materiale che la necessità di archiviazione della memoria si porta dietro.

La rivoluzione digitale e l’ingresso delle macchine negli studi è stato inizialmente salutato come il primo passo verso un nuovo illuminismo dove le nuove generazioni, dotate di maggiore affinità con gli sviluppi delle tecnologie, sembravano poter in tempi brevi colmare i divari di conoscenze – e anche quelli sociali – con le generazioni precedenti. Certo è, che la rivoluzione digitale è sempre sembrata una cosa per giovani. Ma qualcosa non è andato come ci si poteva aspettare. La liberazione dal lavoro fisico connessa all’idea di rivoluzione – quella informatica compresa – suffragata dalla presunta autonomia dei nuovi soggetti “digitali”, in verità non ha dato vita un nuovo aufklärung e non ha generato un innalzamento della dignità intellettuale e professionale. La macchina non ha partorito un nuovo architetto e Andromeda è alla fine più debole dell’intelligenza che l’ha generata. Persiste la divisione del lavoro, così come persiste la separazione tra progetto e rappresentazione, laddove il rendering è a tutti gli effetti, una professione che si muove in parallelo, ma indipendentemente da quella del designing. Continua ad esserci quella separazione-contiguità che ha caratterizzato il rapporto, per esempio, tra John Soane e Joseph Michael Gandy, piuttosto che quello tra Frank Lloyd Wright e Marion Mahony Griffin.

Alla nuova forma della rappresentazione non corrisponde quindi una nuova sostanza, che all’opposto si è persa nell’assenza di fisicità del processo produttivo, e con essa anche l’unicità che ne ha sempre contraddistinto gli esiti. Ma se l’immagine continua ad essere solo in linea teorica referenziata alla costruzione, nella realtà è diventata sempre più strategica, al punto che si può parlare di una vera e propria autonomia della raffigurazione (grafica e/o fotografica o entrambi) laddove questa si muove sugli scenari della comunicazione con statuti formali totalmente indipendenti da quelli dell’architettura costruita, individuando un’area professionale specifica definibile come copy and paste painting, sofisticata espressione di una sempre più dominante Tesler Generation, che trova il suo prequel nelle esperienze radicali e pop degli anni sessanta.

La dimensione del copia-incolla sta permeando anche il mondo della formazione, quello dell’apprendimento dell’arte. Un apprendimento che sembra non essere più basato sulla trasmissione delle tecniche di misurabilità dell’architettura, ma soprattutto orientato verso tecnologie di gestione dell’immagine bitmap, e in particolare sulla sua incollabilità. Il risultato della rivoluzione è una progressiva atrofizzazione del disegno classico dovuta all’abbandono della dimensione artigianale della produzione di immagini e artefatti comunicativi per la trasmissione dell’architettura. Gli studenti non sanno più disegnare. Né amano farlo perché non sanno più tenere la matita in mano e non hanno mai conosciuto il piacere fisico del disegno. Per loro tutto il mondo dell’architettura è fatto da pixel, picture elements che restituiscono una visione fondamentalmente dematerializzata del progetto. Sicché, con lo strapotere dell’immagine bitmap e l’inesorabile soppressione della vettorialità, gli studenti di architettura escono dalla scuola pesantemente indeboliti nei fondamentali.

L’idea di questa mostra sul disegno manuale e artistico di Franco Purini (accompagnata dal convegno intitolato L’Arte del Disegno presso i Moderni) supporta il tentativo di ritornare, almeno parzialmente, all’ordine precedente la rivoluzione digitale. Dove, per ordine, si intende un processo logico di acquisizione delle conoscenze, incentrato sul disegno come luogo in cui si dispiega ogni idea di architettura. E dove, per disegno, s’intende quello manuale e accademico, nella sua dimensione di unicità e quasi totale irriproducibilità. Questa mostra riconosce al disegno la doppia dimensione dialogica ed etica del diventare architetti, cercando di restituirne un profilo di autenticità artigianale percepito dal punto di vista della sua innata tensione estetica.

Il titolo della mostra, parafrasando Johann Joachim Winckelmann, ci porta immediatamente nella dimensione classica dell’arte e dell’architettura, intesa come mondo figurativo di riferimento. Ma, se il grande storico dell’arte tedesco indagava l’antichità classica restituendola come momento apicale di tutta l’arte in assoluto, il classico per i moderni costituisce il banco di prova per il dispiegamento di una ulteriore tensione estetica e linguistica verso la rarefazione, l’astrazione, la stratificazione e la strutturazione sintattica. Franco Purini significa soprattutto questo. Un punto di riferimento di un modo di fare scuola e di considerare l’architettura come un’arte figurativa sorretta da convenzioni e regole proprie, sostanzialmente indipendenti dagli eventi, e quindi permanenti nel modo di concepirla. L’Arte come disciplina.

La collezione della mostra – organizzata in due sezioni esposte rispettivamente presso la Triennale e il Politecnico di Milano – attinge esclusivamente da due recipienti: dall’Archivio dell’Autore e da una collezione privata. Dal primo proviene la maggior parte delle opere: quarantasette disegni d’invenzione, quattordici schizzi su Gibellina, i taccuini e ad altri “lucidi” storici, che nel loro insieme costituiscono la selezione presentata al Politecnico di Milano con il preciso obbiettivo di risvegliare le coscienze dei futuri architetti per sollecitarli a ritrovare il senso dell’inchiostro e la sensibilità della mano come veicolo essenziale dell’idea sul supporto grafico.

Dalla seconda provengono ventiquattro opere, riferibili a diverse serie/paradigmi e a una miscellanea di disegni a colori. Queste opere sono esposte presso la Triennale di Milano e, successivamente, alla Casa dell’Architettura di Roma.

FRANCO PURINI

Nato ad Isola del Liri il 9 novembre 1941, Franco Purini ha frequentato la Facoltà di Architettura di Roma negli anni ’60, segnati dall’insegnamento di Bruno Zevi e Ludovico Quaroni, con il quale si è laureato nel 1971, lavorando nel contempo dal 1964 al 1968 nello studio di Maurizio Sacripanti e dal 1968 al 1973 con Vittorio Gregotti.  Professore ordinario dal 1981, la sua attività didattica lo ha visto impegnato dal 1977 nell’insegnamento del Disegno e della Composizione architettonica in diverse università italiane (a Reggio Calabria, a La Sapienza di Roma, al Politecnico di Milano, ad Ascoli Piceno, all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia e, infine di nuovo, a Roma). Dal 1985 è professore onorario del C.A.Y.C. (Centro de Arte e Comunicaciòn) di Buenos Aires, dal 1989 membro dell’Accademia Nazionale di San Luca e. dal 2000 dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. Nel 1983 ha ricevuto la Targa d’Argento dell’Unione Italiana per il Disegno, nel 1984 il Premio dell’Associazione Critici d’Arte Argentini, nel 1985 il Leone di Pietra della Biennale di Venezia, nel 2003 il Premio Grotta di Tiberio per l’architettura, nel 2008 a Napoli il Premio Sebetia per l’architettura.

Franco Purini ha presentato le sue idee sull’architettura in cicli di conferenze e seminari in molte università nazionali e straniere. Ha coordinato workshop progettuali oltre che in Italia a Syracuse, La Plata, Hannover.

Attraverso i suoi numerosi scritti – Luogo e Progetto, 1976; Alcune forme della casa, 1979; L’architettura didattica, 1980, un volume che raccoglie le lezioni tenute a Reggio Calabria dal 1977 al 1979 che è stato tradotto in più lingue; Sette paesaggi, 1989; Nel disegno, 1992; la raccolta di scritti teorici Dal progetto, 1992; Esercizi di composizione, 1993; Una lezione sul disegno,1996; Comporre l’architettura, 2000, un libro che comprende le lezioni tenute a Venezia dal 1994 al 1999 di recente tradotto e pubblicato in Corea del Sud e in Pôrtogallo; Franco Purini. Le opere, gli scritti, la critica, 2000, a cura di Gianfranco Neri; il Quaderno di Anfione-Zeto La città uguale, 2005, un volume che raccoglie le sue ricerche urbane e architettoniche dagli anni sessanta a oggi; La misura italiana dell’architettura italiana, 2008 – e i suoi disegni esemplari, che giustificano la sua collocazione fra i maggiori protagonisti della cosiddetta architettura disegnata – alcune sue tavole sono conservate presso l’Archivio Progetti dello I.U.A.V., il Museo di Architettura di Francoforte, il Museo di Belle Arti di Buenos Aires, il Centre Pompidou di Parigi, l’Archivio A.A.M. di Roma e alcune collezioni private, tra le quali la collezione Della Costanza-Turner di Atlanta – ha notevolmente influenzato l’ambiente internazionale sviluppando con chiarezza esemplare le questioni teoriche e figurative del dibattito disciplinare.

Tra le altre numerose mostre personali di Franco Purini, si ricordano quelle alla Syracuse University di Syracuse (NY) e alla Columbia University di New York del 1978; all’Architectural Association di Londra nel 1984 in occasione della quale è stato pubblicato il catalogo Around the shadow line: beyond urban architecture,1984; al CAYC di Buenos Aires del 1985; all’Accademia Americana di Roma nel 1985; al Museo di Belle Arti di Caracas del 1986; al Trevi Flash Art Museum of Contemporany Art di Trevi; al Centro de Arquitectura e Urbanismo di Rio de Janeiro del 1998, in occasione della quale è stato pubblicato il catalogo O que està feito està por fazer. Anonimato, fragmento, descontinuidade, alla Galleria Comunale di Cesena nel 2003, alla Galleria AAM di Roma, che ha ospitato con continuità dal 1979 progetti e disegni.

Nel 1966 Franco Purini ha aperto uno studio a Roma con Laura Thermes dando origine a un lungo e produttivo sodalizio segnato da un’intensa attività progettuale fortemente votata alla sperimentalità sui temi del progetto in rapporto alla rappresentazione, alla città e al paesaggio.

 

L’attività dello Studio Purini/Thermes è stata orientata fin dalla sua fondazione verso la ricerca sperimentale e la progettazione per committenza pubblica; si è espressa in un numero consistente di progetti, tra i quali numerosi concorsi, ampiamente documentati sulle riviste internazionali e nelle principali mostre di architetture ed è inserita in più storie ed enciclopedie dell’architettura del Novecento. Molti dei progetti relativi a città hanno come oggetto il rapporto tra segni permanenti ed elementi mutevoli: tra questi si segnalano in particolare gli studi su Roma, Milano, Venezia, Postdam, Buenos Aires, Volos.

Franco Purini, dopo aver preso parte a importanti progetti, quali il quartiere Zen a Palermo (1970) e l’Università della Calabria di Cosenza (1973) con Vittorio Gregotti, ha realizzato con Laura Thermes la Casa del Farmacista (1980); il Sistema delle Piazze (1982), opera segnalata per il Mies van Rohe Award Pavillon for European Architecture di Barcellona del 1990 e nel 2008 dichiarata “di interesse artistico” dalla DARC – Sicilia, e la Casa Pirrello (1990), tutte a Gibellina; l’intervento di edilizia residenziale economica a Piscinola-Marianella a Napoli (1988) per il quale ha ottenuto il Premio Nazionale In/ ARCH 1991-92 e la segnalazione per il Mies van Rohe Award Pavillon for European Architecture di Barcellona del 1992; la cappella di S. Antonio di Padova e un padiglione a Poggioreale (1988); un edificio per attività commerciali e uffici a Gubbio (1997), una casa per vacanze a Capalbio (2003). Dal 1992 lo studio è impegnato nel Restauro delle ex Scuderie Medicee di Poggio a Caiano, in parte già realizzato, e dal 2002 nella realizzazione della nuova centralità urbana di Eur/Castellaccio a Roma. Nel 2010 dovrebbero concludersi i lavori per la realizzazione del Teatro di Siderno in Calabria. Una volta effettuati gli scavi archeologici sull’area Papareschi, dovrebbero partire i progetti esecutivi della Residenza per gli studenti dell’Università La Sapienza di Roma e, a Messina, quello per il Restauro del portale, del padiglione centrale e del padiglione delle mostre della Fiera di Messina, incarichi questi tutti maturati a seguito di concorsi.

Fra i concorsi degli ultimi decenni ricordiamo la menzione d’onore nel 1991 nel Concorso internazionale per la Convention Hall di Nara, e i 1° premi: nel 2000 nel Concorso per il parcheggio interrato e la sistemazione di piazza del Popolo a Reggio Calabria, nel 2001 nel Concorso per la sistemazione della collina di Pentimele a Reggio Calabria, e il 2° premio nel Concorso internazionale  per l’assetto urbanistico e l’insediamento di dipartimenti e servizi universitari nella Zona Bertalia-Lazzaretto a Bologna., la menzione nel Concorso internazionale per il waterfront di Reggio Calabria (2006). Grande attenzione da parte della stampa del settore hanno avuto le proposte presentate al 2° grado dei concorsi per il Centro Congressi a Roma (1999-2000), per il nodo della Stazione Tiburtina a Roma (2001) e per la nuova Stazione ferroviaria Porta Susa a Torino (2001).

Franco Purini è inoltre autore di numerosi allestimenti tra i quali quelli per il Padiglione Italia alla Triennale di Milano del1996 in occasione della mostra Identità e differenze, di cui è stato curatore; per la mostra Lo spazio sacro nella modernità nella Basilica Palladiana di Vicenza nel 2000, per la mostra Incontri alla Galleria Borghese di Roma del 2002 e ultimamente (2006) per il Padiglione Italiano per la prima volta presente alla Biennale di Venezia. In questa occasione, in quanto direttore della sezione italiana, ha coordinato il Progetto Vema, una nuova città di fondazione tra Verona e Mantova di 30.000 abitanti. Nel 2007 ha curato la sezione Architettura disegnata alla Triennale di Milano.

Dal 1996 al 2005 Franco Purini è stato impegnato come consulente dell’Ufficio Sdo (Sistema Direzionale Orientale) del Comune di Roma per la progettazione urbanistica del Modello direttore del Nucleo Direzionale di Pietralata.

A seguito della Convenzione fra Università e Prefettura di Reggio Calabria Laura Thermes nel 1997–1999 è stata il responsabile scientifico e il capogruppo del Progetto architettonico e urbano del trasferimento del vecchio centro di Cardeto nel nuovo insediamento aspromontano di Cardeto Sud, redigendo i progetti della piazza, della ristrutturazione della scuola elementare, della scuola materna, di diciassette case a patio, quattordici case duplex e ventotto case a schiera e della chiesa di Cardeto Nord, alcuni dei quali sono ora in corso di realizzazione.

L’attività congiunta dei due progettisti, che sono considerati fra i principali esponenti del neorazionalismo italiano, è stata oggetto di riflessione in alcune monografie tra le quali: Franco Purini e Laura Thermes, Aforismi architettonici, Milano 1995; Maria Dolores Morelli (a cura di), Saper Credere in Architettura – Trentacinque domande a Franco Purini e Laura Thermes, 1998; Giacinto Cerviere (a cura di), Franco Purini e Laura Thermes, Dittico Siciliano, 1999, il Quaderno di “Anfione ZetoFranco Purini e Laura Thermes, 2008; Maurizio Oddo, Purini/Thermes, Architetture siciliane, 2008; Maurizio Oddo, Purini/Thermes, 2009. Tra i saggi sul lavoro di Franco Purini si segnalano quella di Rosario di Petta, L’architettura di Franco Purini. Tra segno poetico e discorso scientifico,2002; quella di Gianfranco Neri e Marco Peticca (a cura di), La misura italiana. Disegno e costruzione nell’architettura di Franco Purini; e quella di Stefano Milani (a cura di), Disegnare architetture, 2007.


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