Assimilazione del testo.
Laura, immatricolata alla facoltà di architettura di Roma, nel 1961 si imbatté in un clima culturale che obbligava a schierarsi. A fare una scelta personale, a suo modo, irrevocabile. Ripensata quaranta anni dopo, rivela un dinamica interna. Domande di ritorno insorgono. Forse i dubbi stessi che assediavano la scelta primitiva.

1. Il clima
Questo clima si qualifica come opposizione tra Muratori e Quaroni. Ma, connessa all’ opposizione tra una maggioranza di centro… destra, convinta che le proprie ragioni e principi fossero superiori alle istanze della realtà. Ed una minoranza alla ricerca di nuove prospettive. All’alba della prima formazione di un governo di centrosinistra. Si qualificano i personaggi che si scontrano: Il carattere dell’uno distante, enigmatico, essoterico che si esprimeva per assiomi con valore di formule religiose. E quello dell’altro interprete di una situazione in divenire della città che assumeva connotati di metropoli. Conta, infine, il fatto che entrambi si scontrassero con una situazione oggettiva: l’architetto perdeva l’aura carismatica, isolata, elitaria per assumere quella dell’operatore sociale il cui impegno era quello di tutelare la città e il territorio.
Vi è un momento in cui una scelta esclusiva di schieramento, non è evitabile, il convegno al cinema Roxi promosso da Zevi e Quaroni.
Nel quale la scuola di Muratori è messa alla berlina. In seguito, Laura, che ha optato per Quaroni, cita l’eccellenza degli allievi (militanti di sinistra) di Muratori, in particolare Melograni, Ajmonino, Lambertucci.
In ogni caso all’opposizione pose rimedio, invero temporaneamente , lo sdoppiamento del corso di Muratori tenuto da Saul Greco, il quale ridusse la “difficoltà di comunicare con chi aveva il potere di disegnare il cammino da percorrere”. Tale difficoltà di comunicazione, persistette, esaltata dalla esclusività dello schieramento obbligato. Credo che sia stata la situazione della drammatica divisione in due ciò che ha indotto molti di noi ad inserirsi attivamente nella scuola.

Nota di redazione.
Inserisco, come nota a margine, per chiarire la sequenza temporale degli eventi cui allude la Thermes, che lo sdoppiamento del corso di Muratori tenuto da Saul Greco per un anno, ebbe seguito l’anno successivo con altro insegnante, il professor Libera, il quale morì nel corso dell’anno. Cosicché gli subentrò proprio il professor Quaroni. Se covava da tempo una fronda al professor Muratori esaltata dal carattere distante, enigmatico, essoterico del suo insegnamento,la drammaticità della scomparsa del professor Libera cui succedette proprio Muratori esaltò e semplificò la fronda traducendola in contrapposizione frontale da parte di chi optò per Quaroni. Cui contribuirono grandemente i colleghi, soprattutto lo Zevi.
2. La sfida
La rottura fu per la nostra generazione una sfida che abbiamo raccolto. Prendere posizione – cosa che notoriamente non è scelta facile – in tale clima di contrapposizione esigeva che ci si costruisse un’identità personale e di gruppo. Che si individuasse un percorso di conoscenza entro il quale scoprire affinità elettive. Temi, riferimenti, libri, luoghi, dovevano essere scelti con estrema cura e ad essi si doveva una certa fedeltà. Occorreva individuare “temi” che potevano divenire oggetto di scrittura architettonica, confermarli e imporli nel dibattito attraverso incursioni polemiche. Come quella di coloro che poi formarono lo Studio di corso Vittorio alla Galleria Malborough nel ’68 – contro la mostra di alcuni progetti della Camera dei deputati.
Con Purini fecero uno studio per riformulare , nei contenuti concettuali e nella comunicazione ciò che l’avanguardia storicizzata e neutralizzata da Zevi poteva fornire per interpretare i tempi vitali ma contraddittori di quegli anni. La sfida raccolta, penso, ebbe come conseguenza che al fare si sostituì il pensare. Ed il rifiuto degli orizzonti realistici della professione. Che in quegli anni un film negativo come quello di Franco Rosi, Le mani sulla città, in un impeto di didascalismo brechtiano
parodiando la realtà invece di interpretarla, finiva per contestare.
Dunque, il confronto con marxismo e idealismo, con lo strutturalismo, la fenomenologia la grammatologia, la semiologia il gruppo ’63. Tra chiusura tematica e opera aperta. Tutto ciò si rifletteva sull’attività comportata dalla partecipazione attiva al progetto didattico di Quaroni.

3. L’impegno a comprendere la lacerazione ed a risarcirla Nell’assumere la sfida (inserirsi attivamente nella scuola) facemmo nostro l’impegno a comprendere la lacerazione ed a risarcirla. Senza conflitto non c’è conoscenza. Ma se al prevalere consegue che al perdente venga denegata la memoria, è vano l’aver prevalso.
Nel contesto emerge una dichiarazione, da insegnante, che motiva la scelta di campo e la inquadra nella essenziale continuità dell’insegnamento di Quaroni. Benché Laura rivendichi quell’auto- formazione che sbocca nell’autoscuola, la proposta didattica è nel solco di una continuità con il maestro: una concezione unitaria e articolata [del progetto d’architettura] in aree problematiche o scale d’intervento, che comportava continui rimandi tra urbanistica, town design e architettura. Si veda il libro che documenta le centinaia di tesi di laurea dei suoi studenti a Reggio Calabria. In tale contesto la raccomandazione che conclude il testo: Pensare il nuovo nella continuità di una tradizione culturale non è tanto l’ appello ad una massima condivisibile, ma una precisazione della scelta originaria, quarant’anni dopo, cioè due generazioni o evi della vita.

Interrogativi e temi di discussione.
In un clima d’opposizione per cui era obbligatorio uno schierarsi si determinò una rottura. rottura che fu per la nostra generazione una sfida che abbiamo raccolto. Credo, dice infatti, che sia stata la situazione della drammatica divisione in due ciò che ha indotto molti di noi ad inserirsi attivamente nella scuola. Non senza avviare quel percorso di conoscenza, nel quale Temi, riferimenti, libri, luoghi, dovevano essere scelti con estrema cura e ad essi si doveva una certa fedeltà. Tra i temi uno in particolare fu al centro dell’interesse di Laura e dello studio che fondò con F. Purini, lo Studio di corso Vittorio, il tema della scrittura architettonica. Un tema teorico che sposta l’interesse dal fare al pensare? Che portò al rifiuto degli orizzonti realistici della professione. Tale posizione si confronta con l’idea di controscuola, bandiera degli studenti romani di quegli anni. Della quale occorre segnalare la contiguità con l’idea di tabula rasa della pratica dell’architettura pregressa.
Penso che questo “clima” politico-culturale, sia da considerare nello sbocco del ’78 : l’evento storico di Roma interrotta.
Occorre discutere:
– l’idea di controscuola
– di rifiuto degli orizzonti realistici della professione
– di Roma interrotta


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