Bibliografia di Arcduecittà. Regole canoniche, genesi ed evoluzione.

Principi architettonici nell’età dell’umanesimo

Il libro di Wittkower è volto ad esplorare un duplice aspetto dell’architettura dell’Umanesimo. In primo luogo la definizione di rapporti matematici come base per la costruzione architettonica complessiva ed in seguito come la composizione architettonica abbia tratto determinate considerazioni dalla composizione musicale.
L’impiego di proporzioni matematiche si lega alla volontà di espressione di un ordine cosmico per l’architettura, seppur nella tradizione classica la dimensione in grado di mettere in relazione microcosmo e macrocosmo risultasse già esplorata con Platone e Pitagora -ed in seguito diffusa durante il XV secolo-.
Il primo architetto di cui Wittkower analizza l’opera è Francesco Giorgi, in S. Francesco alla Vigna. La dimensione dei nove passi, intesa come multiplo di tre, numero primo e divino, è utilizzata per la costruzione della pianta. Il numero tre rappresenta al contempo un numero reale (ha un principio, un medio ed una fine) e parallelamente divino (inteso come simbolo di trinità). Inoltre, per l’impossibilità di procedere oltre una terza dimensione (larghezza, altezza e profondità) il numero complessivo rappresenta l’ordine cosmico all’interno del quale l’uomo può agire. Ciò si traduce nella definizione della “corretta proporzione” per Giorgi, determinata dal rapporto 9.27. In termini musicali  la sua analogia è fissata nel rapporto tra una ottava ed una quinta, nonostante le evidenti differenze sotto il profilo matematico. Anche Alberti discute la corrispondenza tra intervalli musicali e proporzione architettonica. Per lui infatti, i rapporti immanenti nella natura si rivelano anche nella musica.
Il contributo di Palladio, all’interno di questo modo di comporre l’architettura è ampiamente trattato. In primo luogo egli eredita le speculazioni di Giorgi ma vi aggiunge la questione riferita ai medi proporzionali. All’interno dei suoi Quattro libri, Palladio spiega di come l’architettura sia motivata da proporzioni, ereditando un modo di pensare molto vicino a ciò che Platone espresse nel Timeo: i tre termini dimensionali sono in proporzione armonica tra loro quando la distanza dei due estremi dal termine medio è la stessa frazione del loro valore proprio.
In molte delle villa palladiane infatti, i rapporti di lunghezza rispetto alla larghezza sono posti in luogo visibile e facilmente leggibile, così che sia più facile percepirli. L’applicazione del modulo non significa necessariamente che i rapporti in tutto l’edificio debbano essere armonici ma il modo di legare un ambiente all’altro, per mezzo di proporzioni armoniche, costituisce una novità fondamentale dell’architettura di Palladio.
In seguito l’analisi di articolazione delle piante delle ville di Palladio, in cui si mostra come queste siano tutte desunte dalla medesima formula geometrica. Una volta trovato lo schema di base per risolvere il problema della villa egli lo adatta alle esigenze particolari di ciascun incarico. Il compito che aveva di fronte doveva conciliarsi con “il vero necessario matematico, definito ed immutabile”.

Il significato delle arti visive

Irvin Panowsky in Il significato delle arti visive, nel capitolo titolato Storia della teoria delle proporzioni del corpo umano come riflesso della storia degli stili traccia un excursus sullo studio delle proporzioni, in quanto, come sostenuto dall’autore, l’opera d’arte sempre più vista come prodotto dell’irrazionale umano, non appare nella maniera corretta approfondita sotto il profilo della realizzazione tecnica. La teoria delle proporzioni è un sistema in grado di fissare rapporti matematici tra le membra di un essere vivente. Esistevano a tal fine due direzioni: la prima consistente in una divisione in frazioni del tutto, la seconda basata sulla moltiplicazione di una fissata unità di base. I due sistemi producono, nelle diverse società, opere completamente differenti. In merito alle proporzioni risultano inoltre distinguibili due categorie: proporzioni oggettive e tecniche.
La prima civiltà approfondita da Panowsky è la civiltà egizia. I movimenti delle figure sono qui non organici ma meccanici e non interessano la forma o le dimensioni del resto del corpo. Anche lo scorcio è in questo caso rifiutato. La pittura e il rilievo rifiutano l’estensione nella terza dimensione e la figura finale è in genere determinata da una sottostante trama geometrica tracciata in origine sulle facce del blocco. L’artista era quindi impegnato a tracciare i quattro disegni distinti sulle quattro facce del blocco (in certi casi adoperando anche sulla faccia superiore come fosse la proiezione sul piano del suolo), per poi smussare gli spigoli. Il procedimento prevede quindi un lavoro per piani bidimensionali in cui le cosiddette proporzioni tecniche e quelle oggettive sono in questo caso coincidenti. Un aspetto interessante di questo metodo di definire la figura consiste in un reticolo quadrettato a maglia su cui si imposta la figura che, come conseguenza, precede il disegno e determina così il risultato finale. Esso è già indice di una composizione che ne verrà perchè esiste una relazione diretta tra punti della figura. La maglia non ha qui funzione traspositiva ma costruttiva e serve anche a definire i movimenti. Tale procedimento precede il kunstwollen: non tende a ciò che è mutevole bensì a ciò che è costante realizzando una eternità nella replica del corpo umano.
Per i greci l’opera d’arte esiste in una sfera di idealità estetica, mentre per gli egizi in una sfera di realtà magica. Per i primi i fini dell’arte è l’imitazione della realtà, per gli altri la ricostruzione della stessa. Essa, ammette la possibilità di mutare le dimensioni per assecondare lo scorcio e correggere l’impressione ottica. Definire le dimensioni oggettive e tecniche insieme non è possibile. L’artista teorico greco, al contrario di quello egizio, non parte da un reticolo costruito meccanicamente dentro al quale adattare in un secondo tempo la figura. Egli inizia con la figura umana e in un secondo momento definisce come le parti si accordano al tutto. In tale arte, più che definire il corpo umano basandosi sul modello assoluto sovrapponendo un certo numero di blocchi, si stabiliscono rapporti tra le membra. Una delle caratteristiche è qui l’ambizione normativa ed estetica perchè consiste nel cogliere il bello in base all’esperienza visiva. Emerge in questo caso il contrasto tra “ricostruzione” ed “imitazione”. Una arte risulta retta da un codice meccanico e matematico mentre l’altra ha ancora un margine per l’irrazionale, per la libertà artistica.
In un certo senso l’arte rinascimentale lega i due aspetti. I tre elementi fondamentali sono qui  il movimento organico, l’influenza dello scorcio e l’impressione ottica, che compongono il tema del riconoscimento della soggettività sul piano artistico, oltre alla relazione con una simbologia e matematica del tutto platoniche.

Un aspetto che accomuna i due testi è di certo la relazione tra opera e matematica intesa come costruttrice dello spazio. La ripetizione è infatti l’elemento fondamentale per la costruzione della regola, ci si riferisca alla scultura o all’archittura. I due libri approfondiscono quindi come nelle diverse epoche l’uso della regola permetta di definire obiettivi diversi. Mentre per gli egizi la rappresentazione è legata alla idealizzazione di un oggetto -così come il procedimento per realizzarlo è quasi astratto rispetto al suo obiettivo- per i greci la proposta artistica lavora l’aspetto ideale e numerico della proporzione con il fine di ottenere la migliore soluzione ottica. Plasmare parzialmente l’oggetto perchè si adatti ad una visuale non platonica. Con l’arrivo dell’Umanesimo l’interesse nei confronti del numero che torna come geometria pura diventa rilevante per quanto riguarda la generazione di un nuovo codice armonico che sia in grado di rapportare microcosmo e macrocosmo. Il problema non è quello di manipolare il numero con lo scopo di renderlo più facilmente percepibile da parte dell’uomo bensì lavorare la relazione tra i numeri per fare in modo che, nel complesso, l’edificio racconti di una dimensione uomo-spazio intesa come totalizzante. Il caso di Palladio è emblematico circa il rapporto con il numero: analogamente a quanto realizzato dai greci per le proprie sculture, egli rende manifesto il rapporto uomo spazio con maggiore accuratezza all’interno di quegli spazi in cui tale operazione risulti percepibile.